Demonomancy – Poisoned Atonement (Invictus Productions, 2018)

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Per qualche oscuro motivo che non riesco proprio a immaginare, i Demonomancy non sono considerati delle divinità, né dei papabili candidati alla Presidenza della Repubblica (sì, in gruppo, tutti e tre), né dei personaggi cui intitolare scuole o case per anziani. Non esiste nessuno come i Demonomancy oggi, quantomeno in Italia.

Quando venni a conoscenza del primo dischetto Bearer of Black Arts mi fu difficile contenermi, ma lo feci comunque, come mi capita spesso con coloro che temo potrebbero tanto esplodere quanto deludermi crudelmente. Sì, carino, ma aspettiamo. E infatti Rites Of Barbaric Demons prima e Throne of Demonic Proselytism furono il vaso di Pandora scoperchiato, il vento della rivoluzione, lo stupro auricolare (e non) per eccellenza. La speranza per noi tutti dopo che i Blasphemophagher avevano detto fermato la loro folle corsa. Dal 2013 ad oggi però poche notizie: un brano nello split con i Witchcraft, riproposto in questa sede, e un box set in formato tripla cassetta che molto probabilmente sarà nelle mie grinfie quando leggerete queste parole. Il pentolone ribolliva e il fondatore W.W. The Unbaptized Shepard allestiva una nuova line up ora pronta a mostrarsi in tutta la sua malefica potenza con Poisoned Atonement. Il primo disco senza Nuclear War Now! Productions è più maturo, moderno e evoluto. Non si poteva andare oltre in violenza allo stato brado, si è fatto un passo indietro in termini di velocità e uno a lato per atmosfere leggermente diverse rispetto a Throne…, più variegate. Per l’ennesima volta la band romana ha ribadito di non essere una cover band dei Profanatica o dei Beherit, e oggi più che mai è evidente. Fiery Herald Unbound parte come una Angel of Death riscritta dagli Archgoat, poi diventa 100% Demonomancy. In alcuni momenti si mette in mostra un tessuto orientato anche verso il black thrash, che in passato non è stato sempre al centro dei loro pensieri. Grandioso poi è il lavoro vocale, mai così vario e pieno di sfumature e per questo aspetto chiamo in causa la magnifica The Day Of The Lord, in cui l’orrore gronda copioso da ogni poro. È tutto degno di nota, anche la più diretta The Last Hymn To Eschaton ha senso di esistere, perché non si butta nulla dalla pelosa montagna di idee di Poisoned Atonement, che abbraccia tutto il metal estremo che conta e lo rende ancora più scabroso. Vi cito giusto due passaggi che mi hanno fatto godere un sacco: la parte finale della title track e l’assolo al sesto minuto di Nefarious Spawn of Methodical Chaos, entrambi che incarnano il concetto di malvagità tridimensionale a me carissimo. Riconoscibili, massicci, completi: i Demonomancy sono il gruppo definitivo.
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