Il gruppo di cui state per leggere è davvero speciale. Cristiano (cantante, chitarrista, creatore di effetti vari) e Chantal (batterista e cantante) sono due persone dalla sensibilità unica, le cui parole mi hanno fatto tanto riflettere. The Haunting Green porta avanti un discorso artistico e idealistico che trascende la solita concezione di musica, ma ciò non toglie che Natural Extinctions sia una delle cose migliori uscite quest’anno, quantomeno in Italia. Rinnovo i miei ringraziamenti ai due intervistati per avermi regalato parole preziosissime. [F]
Da quanto tempo vi conoscete? Cha: Incontrai Cris nel 2008. Mi ero trasferita in Friuli da pochi mesi, lasciando Genova (dove sono nata e cresciuta). All’epoca non conoscevo ancora nessuno che suonasse in regione, e un giorno fui contattata da lui tramite MySpace (!). Era il chitarrista degli A Cold Dead Body, e cercava un batterista per un side project dark – psichedelico. Non avemmo neppure il tempo di riparlarne ché dopo pochi giorni il loro batterista lasciò il gruppo: a un mese esatto dal primo incontro, inaspettatamente, mi ritrovai a far parte del quintetto, e del side project non se ne parlò più. Da quella volta abbiamo sempre suonato assieme, e siamo diventati amici inseparabili (anche se quasi tutti si illudono che siamo fidanzati).
Perché A Cold Dead Body è un’esperienza ferma al 2010? Non siete più riusciti a racchiudervi tutte le varie idee che vi frullavano in testa o ci sono ragioni più personali? Cris: A livello di idee e musica gli ACDB sono sempre stati principalmente una creatura di Sten (Stefano). In gruppo eravamo però sei persone, ognuna con i propri impegni e priorità. Per cui, come spesso capita, è successo che con l’andare del tempo alcuni abbiano preso strade diverse e alla fine eravamo stanchi e frustrati da questa instabilità a livello di formazione che era una continua fonte di stress e rallentamenti. Questo tipo di dinamica è stata il motivo per cui io e Chantal per il momento preferiamo portare avanti il progetto THG solo in due.
Dopo quanto tempo dalla fine di A Cold Dead Body avete creato The Haunting Green? Che sensazioni avete provato nel chiudere un capitolo e aprirne uno nuovo? Cris: Ricordo che avevo cominciato abbastanza presto a mettere da parte alcuni spunti e idee che poi sono finite nel nostro primo EP. Non sono uno a cui piace stare con le mani in mano per cui, messa da parte la delusione per la fine di un progetto che comunque mi piaceva molto, ero anche molto eccitato dal cominciare un’esperienza nuova. Inoltre quando abbiamo cominciato non c’erano ancora in giro molti duo chitarra/batteria. Anzi al tempo direi che conoscevo solo i Dark Castle e gli Urfaust, per cui ho vissuto la cosa anche come un sfida con me stesso. Volevo vedere se fossi riuscito a creare qualcosa di valido nonostante la limitazione di essere solo in due. Alla fine, come accade quasi sempre per le limitazioni, questo aspetto è stato anche la scintilla per molte idee che probabilmente non avrei mai partorito se avessi avuto la libertà di scrivere musica per più strumenti diversi. // Cha: La fine degli ACDB fu molto frustrante: il disco era appena uscito dopo mille peripezie, e la voglia di suonarlo (finalmente) dal vivo era tantissima. Purtroppo non fu possibile, tuttavia riuscimmo a trasformare la delusione in una spinta creativa, quasi liberatoria dai vincoli che si hanno sempre in un gruppo numeroso, dove vanno accettati continuamente compromessi che non sempre trovano un’accordo con l’obiettivo principale: fare musica. Mi piaceva tantissimo l’idea di suonare in due, di comporre più liberamente, inoltre io e Cris abbiamo sempre avuto un legame di amicizia solido e sincero, ingrediente fondamentale per l’equilibrio di una band. A Genova avevo già un duo basso – batteria dove mi divertivo molto, ed ero certa che l’efficacia del “less is more” avrebbe presto dato i suoi primi frutti.
Dal lato artistico, tra ACDB e The Haunting Green ci sono più affinità o divergenze? La proporzione è variata tra il 2014 e oggi? Cris: Come dicevo, i pezzi degli ACDB fondamentalmente li scriveva Sten, ma sicuramente ci sono parecchi punti di contatto, sopratutto a livello di influenze, tra i due progetti, e credo che in realtà un orecchio attento possa cogliere molte affinità, anche se i THG hanno indubbiamente sonorità più estreme oltre a magari ad avere un approccio più inusuale.
Da A Cold Dead Body anche Stefano è poi andato avanti con DLZ. Avete ascoltato la sua musica? Ne siete rimasti sorpresi? E gli altri membri si sono attivati in altri progetti? Cris: Avevo sentito qualche pezzo di DLZ ed era roba davvero molto valida. Purtroppo so che, a causa di un guasto all’hard disk, Sten aveva poi perso la quasi totalità di quel materiale prima di pubblicarlo. E’ stato davvero un peccato! Non so se abbia poi ricominciato a lavorarci sopra.
La domanda più banale che c’è: perché proprio il verde? Io assocerei a voi una tonalità molto scura, quella dei fondali limacciosi di qualche lago profondo. Cris: Perché rappresenta la natura e quindi il nostro lato più atavico ed incontrollabile. Nonché quello più profondo e sincero. // Cha: Il verde infestante rappresenta il trionfo della Natura come espressione sincera, selvaggia e pura dell’essere. E’ come un’edera che cresce nel profondo dell’anima, inesorabile e silenziosa: “inconscia”, sommersa, ma pur sempre viva. Puoi fingere di essere (o di vedere) qualcosa di diverso da ciò che sei, puoi provare a reprimere con litri di diserbante la tua edera, ma prima o poi gli inganni verranno smascherati, e ciò che è autentico rivendicherà ascolto sfogando tutta la sua brutalità. Se non sarai in grado di affrontarlo, ti divorerà.
Esiste un modo giusto o sbagliato di approcciarsi all’arte, in particolare alla vostra musica, così multiforme e sfuggente? Cris: Credo che un approccio poco corretto verso qualsiasi disco sia sempre quello di crearsi delle aspettative, magari perché un recensore, per dare qualche riferimento, o la label per creare un po’ di hype, hanno scritto che suoniamo un certo genere o che assomigliamo a qualche altra band. Come hai detto ci sono davvero molte influenze, a volte ben celate, nei nostri pezzi. Per cui mi piacerebbe che la gente ascoltasse il disco a mente sgombra da pregiudizi.
A proposito di cose difficilmente classificabili, ho letto che alcuni vi inseriscono nel post metal, altri nel doom, mentre in un commento su Facebook vi ho trovati tra i migliori gruppi black del 2019. Non vi interessa questo dibattito tra i vostri fan sull’essenza di The Haunting Green? Cris: Ecco, proprio come dicevo sopra, posso capire che quando si vuole spiegare a parole come suona un disco, si debbano per forza cercare dei riferimenti noti, ma purtroppo al contempo ciò può essere sviante. Per esempio, io ascolto moltissimo black metal e credo sia innegabile che ciò abbia influenzato il mio modo di scrivere. Alcuni elementi BM magari sono riscontrabili nei nostri pezzi, ma da qui a farci passare come gruppo black davvero ce ne passa. Senza contare che i puristi del BM sicuramente si farebbero una risata a a vederci classificati in tal modo. E hanno ragione. Quello che esce dalle nostre corde è sicuramente filtrato da gusti e influenze che negli anni si sono formati in noi attraverso l’ascolto di tantissimi dischi di generi diversi, che possono andare dal black, al doom, al prog, all’elettronica o alla classica contemporanea. E’ come se tutto questo lasciasse una traccia, un segno, che può sicuramente essere colto da chi ne riconosce l’origine. Ma spero che la visione d’insieme alla fine sia esclusivamente quella di una creazione nostra e personale. Vedi, al giorno d’oggi, nessuno inventa nulla da zero. Nemmeno il gruppo più sperimentale che tu conosca. Chiunque parte da qualcosa che è già stato fatto, rielaborandolo e amalgamandolo con altro. Comunque certe discussioni sicuramente mi incuriosiscono, ma non influenzano in alcun modo la mia visione della band. // Cha: Il mondo va nella direzione di un inaridimento della capacità di sentire. Credo che le persone stiano perdendo la capacità e la voglia di sentire, e che un eccessivo utilizzo di “etichette” e generi sia più utile a mettere a proprio agio chi preferisce difendersi e appartenere, anziché aprirsi ed esplorare. Mi farebbe piacere sentirmi dire se la mia musica tocca delle corde importanti in chi la riceve, o se lascia l’ascoltatore del tutto incolume. Non essere facilmente etichettabili per me è una conquista. Ma è anche vero che molti innalzano resistenze all’ascolto anteponendo un condizionamento che con l’espressione artistica e la comunicazione di contenuti interiori non c’entra nulla.
Qual è il rapporto tra uomo e natura nella vostra concezione del mondo? Non è l’uomo stesso una parte della natura? Oppure è in una posizione privilegiata rispetto ad altre forme di vita? Cris: L’uomo ha semplicemente l’arroganza di pensare di essere in una posizione privilegiata, ma la strada senza ritorno che abbiamo preso credo sia evidente a chiunque abbia un q.i. Superiore a quello di Vittorio Feltri (cito non a caso) o perlomeno non sia in malafede. Tuttavia non molto tempo fa ho letto un interessante articolo che parlava di come la natura abbia evidentemente trovato il modo fermarci sfruttando l’incapacità del nostro cervello di mettere in atto delle difese verso pericoli non immediati e individuali. Siamo infatti in grado di prendere provvedimenti se ci troviamo davanti ad una minaccia evidente e personale, che so, una malattia o un’aggressione. Ma se il pericolo non è invece percepibile nell’immediato o è causato da una responsabilità collettiva, tendiamo invece a non preoccuparcene fino a quando non è troppo tardi ,oppure a delegare ad altri la risoluzione del problema. Ad esempio, ognuno di noi è consapevole che dovremmo scaldare meno d’inverno o usare meno la macchina o consumare meno acqua, ma tendiamo poi a non farlo perché sappiamo anche che il nostro singolo contributo è irrilevante se poi ci sono altre migliaia di persone che non seguono queste attenzioni. Quindi perché dovremmo essere noi a fare dei sacrifici se gli altri poi se ne fregano? Questa nostra incapacità di avere una coscienza collettiva verso il problema sarà la nostra rovina. A meno che qualcuno non si prenda prima possibile la responsabilità a livello politico di imporci una molto impopolare riduzione dei nostri standard di vita ad un livello più sostenibile. Ma a guardare l’attuale realtà dei fatti, siamo davvero lontanissimi da ciò. Per quanto riguarda i THG e il concept del disco tuttavia il riferimento alla natura rimane ad un livello puramente metaforico.
In un’intervista a The New Noise del lontano 2014, Cristiano ha rivelato la sua passione per i film di Béla Tar. Come si inserisce (se si inserisce) questa circostanza nella poetica di The Haunting Green? Non ha citato il “solito” Dario Argento, ecco. Cris: Credo che almeno due dei suoi film ci abbiano realmente segnato a livello emotivo. Parlo di Wreckmeister Harmoniak e Il Cavallo di Torino, che riteniamo un capolavoro inarrivabile. Inoltre le colonne sonore ad opera di Mihaly Vig sono di una bellezza struggente. Non oso nemmeno accostare la sua poetica alla nostra musica, ma sicuramente i suoi film mi hanno lasciato qualcosa che in qualche modo poi si trasmette in ciò che faccio. Inoltre una cosa che vorrei imparare da queste opere a livello artistico è sicuramente la capacità di toccare le corde dell’anima a un livello tanto profondo, avvalendosi di mezzi tanto semplici quanto puri. I suoi film sono fatti con pochissimi piani sequenza, dialoghi minimali e oltretutto in bianco e nero. La colonna sonora è altrettanto minimale, eppure bellissima.
Avete sempre detto che essere in due ha tanti lati positivi. Ma ci sono degli aspetti difficili o pesanti nell’essere solo voi due, specialmente dal vivo? È pur vero che oggi si riesce a comporre e suonare individualmente anche musica molto complessa. Cris: Dal vivo direi soprattutto la sbatta di montare e smontare tutto da solo ogni volta! Ampli da chitarra, da basso e sintetizzatore!!! E’ davvero stressante! Tuttavia da un punto di vista compositivo questa limitazione mi ha sicuramente messo alla prova e mi ha insegnato molto, sia da un punto di vista compositivo che tecnico. Pensa che Luminous Lifeforms era nato come pezzo a due chitarre che avevo composto poco dopo lo scioglimento degli ACDB. Ero convinto che fosse un pezzo valido e quindi mi sarebbe dispiaciuto buttarlo via. Ho voluto quindi recuperarlo, e per farlo nella maniera dei THG ho dovuto completamente riarrangiarlo per una sola chitarra, suonandolo in hybrid picking. Tuttavia sono uno che ha sempre bisogno di stimoli nuovi, per cui, anche se dal vivo per il momento praticamente non usiamo basi, se non in pochissime parti, non escludo in futuro di avvalermene in maniera più rilevante per poter lavorare di più sugli arrangiamenti e ampliare anche le nostre possibilità sonore.
Momento nostalgia. Siete tutt’oggi affezionati all’EP del 2014? Secondo voi si è mantenuto attuale e può piacere a chi vi ha conosciuti solo adesso? Cris: Credo che da un punto di vista compositivo sia ancora un buon lavoro, ma purtroppo non ci soddisfa per niente a livello di suono. Abbiamo peccato sicuramente di inesperienza, sia da un punto di vista del sapere esattamente cosa volevamo, che tecnico. Ci piacerebbe avere la possibilità di ri-registrarlo.
Ottima notizia, magari lo riproporrete inserendo come bonus track la traccia dello split con Claudio Rocchetti? Già che ci siamo, spiegatemi come è nata quella collaborazione, che sulla carta è molto ardita. Cris: Mi piacerebbe risuonarlo e ri-registrarlo, soprattutto per valorizzarlo da un punto di vista sonoro, ma al momento non è nelle nostre priorità. Per me è più stimolante guardare avanti e pensare a comporre roba nuova. Per quanto riguarda Claudio, lo conosco da molto tempo. Penso di averlo visto suonare per la prima volta almeno una decina di anni fa, se non ricordo male a Vittorio Veneto o dintorni (forse al Codalunga). Lui è davvero un pioniere! La collaborazione però è nata da un’idea di Gianfanco Santoro della Final Muzik, che ha avuto l’idea di stampare questa serie limitata di split per la sua etichetta. Francamente a me questi accostamenti sulla carta molto arditi piacciono un sacco, anche perché obbligano l’ascoltatore ad aprire un po’ la mente. E’ stata davvero una bella esperienza.
Salta subito all’occhio che l’anno di EP e split è il 2014 e Natural Extinction è uscito solo nel 2019. Cosa avete fatto nel frattempo? Sono a conoscenza del progetto Tiliaventum di Deison|Mingle, ma vorrei capire in che termini avete contribuito. In ogni caso, stando alla riuscita dell’ultimo album, direi che avete ampliato ancora di più i vostri orizzonti e raccolto idee a 360 gradi! Cris: Guarda, è una domanda che ci pongono in molti e che in verità comincia anche un po’ ad infastidirmi dal momento che presuppone l’idea che una band debba per forza sfornare qualcosa di nuovo ogni 2-3 anni. Forse questa è una cosa data per scontata poiché ormai siamo abituati a regole di mercato che lo impongono. Giudica tu, dando un’occhiata al percorso di certe band, se questo ha portato qualcosa di buono alla musica! Francamente l’idea di fare musica per cercare il successo a tutti i costi è una cosa che, ormai alla mia età, non mi interessa. Anche perché mi sembra palese che, se quella fosse stata la nostra intenzione, non ci saremmo messi a suonare sto genere, ma qualcosa di molto più accessibile. Oltretutto sono assolutamente riluttante a seguire tutte quelle regole imposte dal mercato odierno: il post quotidiano su Facebook, la foto su Instagram, la story ogni maledetto giorno, i video. Il ricordare a tutti (non importa con quali contenuti) che ci sei ogni maledettissimo giorno! Io vorrei rimanere fuori il più possibile da questa merda, anche perché davvero non credo stia portando nulla di buono alla musica. Un lavoro che mi costringe a seguire regole e orari ce l’ho già, e tra l’altro, mi tiene ovviamente parecchio impegnato. Vorrei che almeno la musica restasse il mio spazio di libertà!!! Di conseguenza scrivo quando mi sento davvero ispirato e con le tempistiche che mi pare. E comunque, con la quantità di ottima musica e la varietà dell’offerta che c’è in giro, francamente non credo che ciò turbi davvero qualcuno. // Cha: Deison|Mingle proposero a diversi artisti friulani di contribuire in vario modo al progetto Tiliaventum. Noi catturammo suoni d’ambiente ispirati dal rapporto intimo che abbiamo con il Tagliamento. Fu molto stimolante, soprattutto la riuscita dell’album è davvero sorprendente. Ciliegina sulla torta, al release party coloro che presero parte al progetto si esibirono, e noi suonammo alcuni pezzi inediti di THG in acustico, armati di mini ampli, cajon e campane tibetane, illuminati da candele, in una radura di sabbia. Fu una bella sfida e una splendida iniziativa.
Nell’album avete collaborato con Fabio Cuomo (presente in Where Nothing Grows) e con l’illustratrice Jessica Rassi, compagna dello stesso Cuomo, che vi ha disegnato una copertina stupefacente. Come vi siete relazionati a loro? In fondo, seppur momentaneamente e parzialmente, il gruppo si è esteso ad altre due personalità importanti. Cha: Fabio e Jessica sono i miei migliori amici. Siamo tutti genovesi, eppure ci siamo incontrati quando da anni abitavo in Friuli. Ho avuto modo di scoprire il talento di Fabio Cuomo come compositore e polistrumentista ai tempi di Eremite (ne consiglio vivamente l’ascolto a chi non li conoscesse), e vedere crescere Jessica (Jj at The Giant’s Lab) come artista fin dagli albori. Casa mia è tappezzata di suoi poster, tanto da farla quasi arrossire quando viene a trovarmi! Sono due individui talentuosi, umili, instancabili e concreti, insomma due persone squisite ed evolute, oltre che due artisti davvero eccezionali. Siamo stati vicini nei momenti più importanti di questi anni, e nelle fasi di creazione di Natural Extintions: fu proprio Fabio a consigliarmi di registrare la batteria all’El Fish Studio di Emi Cioncoloni, a Genova. Non hanno solo dato un contributo notevole: loro fanno parte di questo disco, e non posso che esserne lusingata e orgogliosa. L’outro di synth e pianoforte che ha suonato Fabio Cuomo in Where Nothing Grows è malinconico eppur sognante, è il perfetto epilogo del pezzo chiave del disco. E’ incredibile la sensibilità che questo gigante riesce a esprimere, entrando in empatia con leggerezza e intensità persino con un brano estraneo al suo stile. Penso che Jessica non potesse cogliere ed esprimere il significato di questo album più puntualmente, abbracciandolo col suo stile personalissimo e inconfondibile. Natural Extintions è nato a Genova, seppur il suo habitat siano le acque e le colline del Friuli, come per tutti noi quattro.
Vi piace fare concerti? Ho letto che Cristiano non è mai a suo agio su un palco. Quali sono gli aspetti positivi e negativi dei live? In ogni caso, siete tipi da Roadburn o preferite contesti DIY? Cris: Io sono molto legato all’aspetto compositivo della musica. Mi piace CREARE, e nel momento in cui un pezzo è finito e registrato ho già la testa altrove e la voglia di cimentarmi in qualcosa di nuovo. Perciò l’idea di suonare pezzi già fatti e finiti dal vivo per me è abbastanza una noia. Oltretutto mettici il fatto che almeno la metà delle volte succede che sul palco si sente da cani e capisci perché davvero ci trovo poca soddisfazione e raramente riesco a godermi il momento. L’unico lato positivo è che suonando in giro ho la possibilità di vedere posti nuovi, conoscere gente e rincontrare amici lontani che altrimenti non avrei mai occasione di vedere. Tutto sommato sono più socievole di quanto uno potrebbe pensare. In ogni caso preferisco sempre l’atmosfera del piccolo club al grande festival. Sia da musicista che da spettatore. // Cha: Amo suonare dal vivo perché ho la possibilità di condividere con il pubblico qualcosa di importante, ed entro in uno stato di rilassata concentrazione, dove è la musica stessa a trasportarmi e a farsi trasportare tra le emozioni che suggestiona, in me e negli altri. Chi viene a vederci, anche per caso, si accorge di questo.
Sin dal primo EP, ho sempre pensato che per voi i dettagli fossero qualcosa di cruciale. Con Natural Extinctions ne ho la conferma perché si tratta di un lavoro curatissimo. È davvero così o è solo la mia impressione? Cris: E’ esatto. Mi piacciono i dischi che si fanno scoprire pian piano quindi, anche nei nostri lavori, mi piace lavorare su piccoli dettagli sonori, che magari non si colgono facilmente ad un primo ascolto. // Cha: Suonare in due permette -ma anche un po’ impone- di concentrarsi maggiormente sui dettagli, per arricchire i brani di piccole sorprese disseminate qua e là. Ci siamo presi il tempo per riascoltare il risultato, consentendoci di affinare alcuni spunti emersi dai primi ascolti.
Oltre alla musica in sé, un’altra nota lieta è la pubblicazione diper una label fantastica. Come siete arrivati a Hypnotic Dirge? Ammetto che difficilmente avrei immaginato un abbinamento migliore. Cris: Alla vecchia maniera: una volta ultimato il master del disco, l’ho mandato a circa un centinaio di etichette in giro per il globo. Abbiamo ricevuto vari riscontri positivi ma alla fine la HDR è stata quella che ci ha proposto il contratto per noi più interessante, oltre al fatto che si è resa disponibile a pubblicarlo in tempi relativamente brevi. Oltretutto già avevo avuto modo di apprezzare qualche band del loro catalogo e ho trovato che anche dal punto di vista artistico fosse adatta al nostro sound.
La scelta del free download dei vostri due album a cosa è dovuta? Cris: E’ una prerogativa dell’etichetta con la quale abbiamo deciso di pubblicare il lavoro. Tutto il catalogo Hypnotic Dirge è scaricabile ad offerta libera e vi consiglio di andare a darci un’occhiata perché ci sono delle bands davvero notevoli.
In questi mesi si è parlato tanto di cambiamenti climatici e di sensibilizzazione verso l’ambiente. Le vostre possono essere considerate tematiche ecologiste? O è una grossa semplificazione? In generale cosa significa essere ecologista oggi? Cris: In realtà, come già spiegato, il concept del disco ruota attorno a una metafora, quella delle estinzioni naturali, che riguarda una condizione esistenziale dell’uomo più che le tematiche ecologiste. Ma in ogni caso questa doppia chiave di lettura è interessante e lecita. Per fare qualcosa per l’ambiente oggi basterebbe solo essere più consapevoli su cosa si consuma e sul percorso che le cose hanno per arrivare a noi. Oggi, con internet a portata di mano, non abbiamo più scuse per non essere informati. Gli argomenti sono innumerevoli: favorire i prodotti locali, il cosiddetto consumo a chilometro zero. Boicottare le multinazionali. Ridurre il consumo di carne e evitare quella proveniente da grandi allevamenti. Pensare a un consumo intelligente dell’energia nelle nostre case. Riciclare etc etc. Dobbiamo cominciare a sviluppare una coscienza collettiva: i gesti di ognuno hanno una ricaduta a livello globale.
Natural Extinction è dedicato a Black Mamba, definita in questo commovente post come il terzo membro della band. Cosa c’è di lei nella vostra musica? Come mai, ancora nel 2019, si sente di crudeltà, abbandoni e maltrattamenti, spesso giustificati dalla brutale frase di comodo “pensate ai bambini che muoiono di fame, non agli animali”? Cris: Mamba ci ha accompagnato davvero in ogni passo della nostra esistenza come band. Quando ho conosciuto Chantal lei già c’era e mi ricordo ancora il primo giorno che l’ho incontrata. E’ sempre stata una presenza rassicurante sia alle prove che in moltissimi live ed è bellissimo vedere che quando rincontriamo amici che in passato ci hanno ospitato in giro per l’Italia, tutti si ricordino e ci chiedano di lei. La sua presenza ci ha tenuto uniti e confortati nei momenti più difficili e tesi, e penso davvero che tutta la nostra musica contenga qualcosa di lei. Specialmente quando riascolto Luminous Lifeforms non posso fare a meno di pensare a lei. Anche se era il cane di Chantal, per me è sempre stato come se fosse anche il mio, e quando abbiamo dovuto accompagnarla verso il suo prossimo viaggio è stata davvero durissima. Solo chi ha un rapporto davvero profondo con un animale può capire cosa si prova. // Cha: Mamba e io siamo state compagne per tutta la vita: la sua, la nostra. L’ho persa, un po’ come tutti, col passare degli anni, perdiamo il nostro lato più primordiale e puro. Lei ci teneva in contatto con la parte più selvaggia e autentica di cui cantiamo la perdita in Natural Extintions. Eravamo in simbiosi, e vivevamo un po’ fuori dal mondo reale, o meglio, come ci piaceva. Adorava la gente, la portavo quasi sempre in tour o a concerti, perché sola a casa non ci voleva stare. E allora durante i concerti stava in auto o nel backstage, per poi diventare la regina della festa e rubare la scena a chiunque. Li conquistava tutti ed era sempre pronta a saltare in macchina o sul van (anche di terzi!), per partire verso nuove avventure. Era irresistibile ed empatica. Nella nostra vita assieme ho imparato ad acuire i sensi e a ragionare un po’ come lei, osservandola agire, e riflettendo sui punti in comune che abbiamo noi umani con il mondo animale. A mero esempio, se tiri il guinzaglio al tuo cane mentre ne incrocia un altro, stai sicuro che se la prenderà col nuovo incontrato. La stessa cosa vale esattamente per noi esseri umani, con la differenza che a noi il guinzaglio, in fondo piace, è un confortante impulso indotto che anteponiamo come giustificazione all’innalzamento di barriere di difesa. Contro cosa o chi non si sa: non ci chiediamo il perché, ce lo hanno trasmesso. Ho avuto la conferma che siamo sommersi dai condizionamenti che ci distraggono da ciò che è realmente importante, ma, per quanto sia complesso, possiamo utilizzare la ragione per liberarcene, ad esempio iniziando a porci delle domande. Ho appreso la notizia della terribile morte di Ruth, la povera cagnolona ridotta in fin di vita da un inclassificabile bipede in età. Posso solo augurarmi che l’Estinzione Naturale investa questo genere di “persone”, che probabilmente a loro volta sono state maltrattate, e contageranno le loro generazioni di questo morbo distruttivo. Dubbiosa sull’efficacia della legge e sfiduciata nei confronti del genere umano, spero che sia Madre Natura a fermarli.
Bellissima intervista e gruppo assolutamente interessante, approfondirò senz’altro, grazie!
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Grazie mille! Quando si incontrano persone come The Haunting Green è sempre un privilegio
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[…] un po’ complicato): The Haunting Green – Natural Extinctions (Hypnotic Dirge Records) [intervista] Rainer Landfermann – Mein Wort in Deiner Dunkelheit (self released) Reveal! – […]
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