Fetidi ectoplasmi fottimorte e putrescenti quaglie dagli occhi gialli: perché il 2019 è stato un anno meraviglioso

In questo periodo di feste e raccoglimento spirituale, nella chiusura del santo 2019, riprendo un concetto a me caro. Devo davvero dirvi io di ascoltare Blood Incantation, Devourment, Coffins, Hideous Divinity, Misery Index, Profanatica, Impiety, Teitanblood, Diocletian, Deiphago, Batushka, Mayhem, Darkened Nocturne Slaughtercult, Storm{O}, Wolfbrigade, Cult of Luna e Atlantean Kodex? Se eravate giunti su questa pagina per leggere di loro, ecco: lo avete appena fatto. Ma vi sentite davvero soddisfatti? In fondo questi sono nomi che nelle listone sono SEMPRE presenti. A ragione direi. Nel 2019 i gruppi appena citati hanno creato album bellissimi, ma – come già avrete intuito – non mi appassionano i discorsi sull’ovvio. Allora con sommo piacere mi accingo ripercorrere un anno pienissimo come quei deliziosi calamari nelle mani violente e decise di mia nonna. Non ci sono capolavori? Chissà, io dico sempre che lo scopriremo solo tra qualche anno. Ah il tutto è in ordine rigorosamente alfabetico: no alle classifiche!

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Intervista a Marco Basili (Hornwood Fell, Nor, Nur Run, Vinter Fresa, Kailash, Krom, Hastur, Hastur Evocation)

Vivere nella musica, con la musica, per la musica: può essere un conciso riassunto della vita dei fratelli Andrea e Marco Basili, conosciuti in questo periodo storico per essere dietro agli Hornwood Fell (ma hanno fatto anche tanto altro, come leggerete a breve). Prima ancora che dai loro trascorsi, sono rimasto subito affascinato dalla loro musica, declinata su tantissimi paradigmi che hanno come radice una fortissima personalità. Risponde Marco, chitarrista e cantante. [F]

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Intervista agli Innero

Quello che state per leggere è il motivo principale per cui continuo a importunare i gruppi e a chiedere loro di spiegarmi tantissime cose, dalle più importanti alle più futili. Tutto è finalizzato a soddisfare la mia sete di conoscenza, senza rinunciare al piglio da ficcanaso che non riesco ad eliminare, o quantomeno a contenere. Vi ricordate con affetto di Principia Discordia dei Malnàtt e i Bland Vargar? Bene, ora avete un nuovo fantastico gruppo da seguire, gli Innero. [F]

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Intervista ai Seventh Genocide (post-black metal, Italia)

Prima di quest’intervista va fatta una premessa doverosa: tra me e i Seventh Genocide c’è un certo tipo di rapporto. Ho condiviso il palco in un mini tour italiano, ho assistito varie volte a loro concerti da spettatore, o ancora ci siamo trovati insieme da semplici spettatori ad altri concerti ancora. Insomma, più che un’intervista io la definirei una chiacchierata informale. Ma proprio per questo, visto che ho avuto l’occasione di conoscerli di persona, probabilmente è più facile svelare qualche chicca interessante o raccontare dei dettagli che difficilmente leggereste in interviste canoniche. E ora, tuffiamoci direttamente nel cuore dell’argomento, e andiamo a sentire cosa hanno da dirci i ragazzi in merito [H].

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Seventh Genocide

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Il 2018 di Blog Thrower – la versione entusiasta di [F]

Questa non è una lista dei migliori album del 2018 perché credo che questo lavoretto, tanto morbosamente amato da chi scrive di musica, sia alquanto ingannevole. Meglio chiamare le cose col loro nome: i dischi che mi sono piaciuti di più. Punto. È opportuno inoltre sottolineare che se per qualcuno l’ascolto del metal è stato superficiale, molto probabilmente il “disco dell’annooooo!!!!!” sarà già quello dei Behemoth o dei Judas Priest. Ma va bene così. Questo per dirvi che non voglio darvi solo i nomi caldi, ma anche e soprattutto quelli che mi hanno accompagnato con grande profitto durante i dodici mesi appena trascorsi. Altrimenti la mia lista sarebbe piena di Aborted, Obliteration, Hate Eternal , ma anche Arkhtinn. Funeral Mist, Imperial Triumphant, Sargeist, Ungfell, Kriegsmachine, Ævangelist e Svartidauði. In sostanza: a che serve una carrellata di nomi che già sapete essere imperdibili (perché lo sono, c’è poco da fare), e che avete sicuramente letto già altrove? E poi, sapete, a me non piace fare classifiche.

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Intervista ai Necandi Homines (Italia)

Provate a far partire un pezzo dei Necandi Homines, se non lo avete mai fatto. Altrimenti ripensate al momento in cui vi siete imbattuti in loro. Oltre a un comprensibile senso di angoscia e negatività (ben fatto, ragazzi!), ho pensato sin da subito di aver scoperto una miniera, un gruppo molto particolare e al di fuori dalle logiche ordinarie del metal. Li ringrazio per le parole che leggerete a breve, per aver soddisfatto pienamente la mia assetata curiosità. [F]

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Intervista a Roberto Mura (Third I Rex)

Third I Rex per me era un mistero, quando la conobbi tempo addietro. Una entità misteriosa che pubblicava dischi lodevoli (li potete ascoltare più in basso). Negli ultimi mesi ho conosciuto virtualmente colui che ha creato quasi dal nulla tutto ciò e non ho avuto neanche un mezzo tentennamento: dovevo capire come lavorava e come funzionava il suo cervello. Non fatevi ingannare dalla provenienza: sarà pure una “music label based in UK”, ma il cuore e il cervello sono tutti italiani. Quanto entusiasmo nelle parole di Roberto Mura! [F]

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Intervista ai Formalist (doom, sludge, noise – Italia)

Formalist

Ragazzi, mi sono buttato. Ho ascoltato No One Will Shine Anymore e mi ci sono tuffato dentro, di pancia. Come non rimanere sfigurati dopo un disco del genere? I Formalist sono esordienti solo sulla carta perché in formazione hanno gente del calibro di Ferdinando dei Forgotten Tomb alla voce, Michele dei Viscera/// alla chitarra (il loro ultimo disco è tra le cose più belle uscite dall’Italia più estrema), Nicola e Riccardo dei Malasangre (rispettivamente basso e batteria). Li ringrazio per aver arricchito questo umile blog delle loro parole. [F]

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Dead Woman’s Ditch – Seo Mere Saetan (Third I Rex), 2017

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“Ci vediamo al fosso della donna morta”.

Suona bene, vero? Lo hanno pensato anche i Dead Woman’s Ditch, qualche anno fa, quando hanno scelto di chiamarsi così. È un nome che odora d’Inghilterra, di storie tenebrose e di morte. Il Somerset (in origine Seo Mere Saetan, secondo una teoria etimologica) è quindi ben più che una regione albionica, è un modo di vivere, come la Transilvania o la Pianura Padana, insomma. Come Dracula o i paesini de La Casa Dalle Finestre Che Ridono di Pupi Avati.

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