L’incantesimo del diavolo: quando le tastiere stregarono il black metal

Questo notevole articolone sul black metal sinfonico è opera del mio amico Giorgio, un veterano che ha vissuto sulla propria pelle l’uscita di certi capolavori degli anni Novanta. Se ritenete che ci siano altri nomi ingiustamente dimenticati da quell’epoca, battete un colpo. [F]
1994: probabilmente l’anno più interessante prima del nuovo millennio. Il motivo? Beh, semplice da riportare. Gli Iron Maiden sono in studio senza Bruce, con la scommessa Blaze Bayley dietro il microfono. Le registrazioni di The X Factor avrebbero tenuto col fiato sospeso metà della platea metal internazionale. Nel frattempo il grunge, spinto dalla Mtv generation, sta invadendo il mercato. Diversi generi tra cui street e hard rock, A.O.R. e, per fortuna, glam metal, vengono letteralmente spazzati via. Nessuno può fermare Nirvana e company. Non di certo possono farlo i Metallica. Le foto promozionali dei quattro ‘signorotti’ per l’uscita di Load, a prescindere dalla svolta musicale, non lasciano molto spazio alla speranza. E la foto di Kirk Hammett vestito da pappone in completo bianco e col sigaro, spaventa ancora oggi. E allora chi fermò il grunge? Lo fece il Texas, lo fecero i Pantera. Far Beyond Driven debutta direttamente al primo posto di Billboard. Da soli, fanno da scudo all’avanzata di Seattle. Phil Anselmo, con proprio una camicia di flanella a scacchi addosso e la sua pelata, destabilizzava, minacciava e colpiva, mentre le chitarre di Dimebag andavano sempre più giù di tono, dove il confine col death metal si cominciava ad intravedere. Non male dunque il 1994. E nel frattempo in Scandinavia, la fiamma nera del true norwegian black metal, sulla stampa più viva e lucente che mai, in realtà si stava già spegnendo. Ma ce ne saremmo accorti parecchi anni dopo.

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Chi fa da sé, fa da sé #3: Rûr, Spite, Absque Cor, Angantyr

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Mi sto accorgendo lentamente che le one man band sono una grossa fetta della musica che ascolto. Probabilmente sono anche più benevolo nei loro confronti solo perché oenso “oh cavolo, sei da solo, vieni qui piccolino, ti gratto il pancino”… no non è da me. Questa è gente che spacca. Sono felice di questa puntata numero tre. Vuol dire continuità e soprattutto vuol dire che sta uscendo musica che in alcuni casi è pazzesca. Scommettiamo che almeno un paio di questi tizi di cui leggerete qui sotto finirà nelle listone di fine anno?

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Back to life # 1: Satanic Warmaster, Stillborn, Lurker of Chalice, Forgotten Woods

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Noi moriremo. Tutti. Uno alla volta, probabilmente. La musica no, in teoria i miei pronipoti potranno ascoltare lo stesso urlaccio di Dead in Pure Fucking Armageddon del Live in Leipzig che mi ha fatto gelare il sangue la prima volta. Ora ho parlato della morte fisica, ma come ben sapete i gruppi muoiono come mosche, si sciolgono o cambiano genere. Oppure semplicemente fanno perdere le loro tracce, o anche smettono di considerare parti intere delle loro discografie. Come avete letto fino ad ora, nel blog mi occupo quasi esclusivamente di dischi nuovi. Ce ne sono alcuni, nuovi-ma-in-realtà-vecchi che meritano tutta la nostra attenzione. Il titolo è quello che è, cercavo qualcosa che riuscisse a indicare tutte le uscite in senso lato “non nuove”: ristampe, ri-registrazioni, raccolte e cose del genere. Sarà la rubrica più odiata dai fanatici della serie “prima stampa o morte”, pazienza: non ho cento euro da investire su dischi rari, mi dispiace.

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Natale a Bergen: Arvas, Örth, Taake, Nattverd, Helheim, Goatkraft

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Un titolo cazzeggione per farvi capire che non voglio farvi la solita lezione sulla storia del black metal norvegese. Così la leggereste per la millesima volta, no? Anzi, non la leggereste neppure. A che serve ripetersi su quanto immenso sia stato l’influsso degli Immortal, dei Gorgoroth e di Burzum sulla musica metal? Chi diamine vuole sentirsi dire di nuovo la faccenda delle chiese bruciate? Leggetela altrove, io non voglio tornarci e oltretutto non sarei in grado di aggiungere nulla di nuovo. Sono invece più che sicuro che c’è molto meno professorismo logorroico su come se la passa oggi la scena di Bergen. La Norvegia in generale non è più trendy come una volta. E qui entro in scena io, con una manciata di band, più o meno note, che danno un senso al black metal di quelle parti. Il primo che dice “ehi, non sono gruppi fondamentali, sono meglio gli altri” vince un poster gigante con la simpatica scritta “grazie al cazzo”.

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I sette dischi black metal più sottovalutati dell’inverno 2017: Sortilegia, Ignis Haereticum, Grafvitnir, Sar Isatum, Deathcult, Perdition Winds, Eternal Helcaraxe

Arrivano stimoli e impulsi da ogni parte del mondo. Tutti diretti a questo blog. Se non facessi altro nella vita (sai che palle…) pubblicherei tre post al giorno, sorrisoni e pacche sulle spalle. Umanamente però è impossibile far uscire qualche riga sulle uscite rispettando le scadenze. In questo spazietto ho raccolto alcuni spunti sui miei personali sette peccati capitali, ossia quei dischi che hanno trovato poca eco mediatica, soprattutto a livello italiano, che probabilmente vi sono passati davanti senza che ve ne siate accorti. Stava capitando anche a me, che ho tempeste di mail promozionali. In modo fine direi che è un’ideale di giustizia quello che mi guida. Volendo parlare come mangio, terra terra, è un modo per recuperare uscite minori solo sulla carta.

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Asagraum – Potestas Magicum Diaboli (Kvlt), 2017

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Hanno circa undicimila fan sui social network, mentre le visualizzazioni su Youtube sono almeno il doppio. E fino ad ora hanno pubblicato solo una demo. Sentitemi, le Asagraum esploderanno. Non come Myrkur, la celeberrima one woman band che trasuda hipsterismo da tutte le parti. Questo duo dalla provenienza trasversale (Olanda e Norvegia) fa sul serio, più di quanto pensassi.

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