Intervista ai LVTVM

I LVTVM sono una creatura viva, autonoma, un essere pensante (e pure piuttosto pesante). Rimasi stupito da quello che riuscirono a fare col precedente Adam, nel lontano 2015, disco che probabilmente ancora adesso non ho compreso a pieno e che mi porterà ad ascoltarlo ancora e ancora. Tanto me lo porto, in mp3, da un cellulare all’altro, da anni. Pochi mesi fa è uscito il suo successore e il mio cervello ne è stato subito felicissimo. C’è da mettere tanta attenzione nel lavoro dettagliatissimo della band toscana, quindi iniziamo subito e indossiamo delle buone cuffie. [F]

LVTVM, ossia fango. In Adam il fango (primordiale) c’era, eccome se c’era. E invece Irrational Numbers com’è? In un certo senso più raffinato, o addirittura ripulito da quel fango? In un certo senso è vero: Irrational Numbers è ripulito dal fango. Nel concept, Adam si confronta con se stesso e con quello che gli sta intorno, ma lo fa riconoscendosi parte di quella terra a cui ternerà inesorabilmente. Poi, però, Adam si stacca da questo senso di appartenenza e pone il mondo-natura come altro da sé. Nel nuovo disco si oggettiva, in qualche modo, da quella che in Adam era la matrice, il fango appunto. Invece dal punto di vista musicale c’è stata semplicemente una crescita, che già si può intravedere negli ultimi brani di Adam. È ovvio che se le parti sono più complesse, l’esigenza di ripulire il suono per far capire gli incastri ritmici e melodici diventa naturale.

Quando inizia la genesis di Irrational Numbers? O meglio, quando avete sentito che avreste dovuto proseguire oltre Adam? La genesi di Irrational Numbers comincia subito dopo Adam, ma noi concepiamo il tutto come un unico cammino. La necessità è quella di proseguire il nostro discorso musicale, evitando di ripetersi e cercando di andare sempre avanti, o altrove, in territori inesplorati… questa è la vera essenza del disco e dei LVTVM in generale.

Avete fatto tutto da Damiano Magliozzi. Com’è andata? Direi benone. Abbiamo registrato in piena pandemia, facendo delle vere e proprie fughe del nostro paese. Prima Alessandro, poi Isacco, Carlo e per ultimo Matteo con i synth. Abbiamo lavorato in modo “smart” come si suol dire oggi, ma ha funzionato alla grande, grazie alla conoscenza profonda che Damiano, che è anche nostro fonico, ha della nostra musica.

Recentemente avete pubblicato una nuova versione di Twalking, rifatta con la formazione di Irrational Numbers. Perché questo ripescaggio? Non è un ripescaggio, eseguiamo quasi tutti i pezzi di Adam nei nostri live. L’esigenza di una nuova registrazione, oltre al fatto che ci serviva per il video di Lorenzo, è anche di confermare quella che era l’evoluzione dei LVTVM in quel momento. Tutti i pezzi, soprattutto dopo l’avvicendamento di Matteo per Mike, vengono riplasmati nel tempo e a distanza di anni suonano anche molto differenti rispetto a quelli iniziali.

Per voi suonare senza chitarra vuol dire libertà o necessità? Pensate mai che la scelta (irrevocabile o no?) di non suonare alcuna chitarra, ma due bassi e i sintetizzatori, possa risultare limitante per alcune vostre idee? Insomma, vi capita di interrogarvi sull’aggiunta di altri strumenti? Fondamentalmente i LVTVM sono quattro strumenti, noi li vediamo come quattro voci che si devono amalgamare. Non c’è la volontà, ad ora, di inserire nulla anche perché non c’è più posto nel pentagramma.

In Irrational Numbers non compare Michele Marchionni, però avete dichiarato che il disco è anche un po’ suo. Perché? Prima di tutto, Michele non esiste perché Mike è tale da anagrafe, comunque rimaniamo seri. [Gaffettina, scusatemi!] Mike (di anagrafe) resta parte integrante del progetto, agisce nell’ombra, ci consiglia come fosse una seconda coscienza, tutte le decisioni musicali e non passano anche da lui ed il suo pensiero ha una rilevanza fondamentale per la band.

Spiegatemi la curiosa scelta dell’effetto plastica da disco nuovo sulla copertina di Irrational Numbers. È una metacopertina, il fisico (i riflessi) va a infrangere l’impalpabilità del file digitale. È una metacopertina, il fisico (i riflessi) va a infrangere l’impalpabilità del file digitale, andando a ricreare una seconda pelle sintetica che avvolge la grafica dell’album ricreando un velo trasparente sempre presente.

Come siete arrivati alle etichette che vi hanno pubblicato Irrational Numbers in varie versioni? Vi siete messi a tavolino alla ricerca o è stata una cosa piuttosto spontanea? Che poi, volendo andare a spulciare già qualche nome, essendo anche in Cave Canem, vi siete in parte… autoprodotti. Ma sull’associazione nello specifico vorrei tornare più avanti. È una domanda ricorrente. Di spontaneo c’è sicuramente la collaborazione con Domenico “Mimmo” Musto di Controcanti Produzioni, con il quale Alessandro ha un rapporto “epistolare” da diversi anni. Relativamente all’organizzatore e produttore esecutivo, con il benestare di tutti i membri dell’associazione e grazie a Marco di Metaversus PR, che ha dato un vero calcio in culo ad Ale per toglierlo dall’enpasse post pandemica, questo’ultimo ha scritto ai membri delle altre etichette che hanno risposto presente ed eccoci qua.

Irrational Numbers dura circa 25 minuti. La durata non indica nulla di un album, ma il paragone con Adam viene immediato. E quindi i maligni potrebbero dire, senza aver ascoltato e goduto delle millemila idee che vivono dentro Irrational Numbers, che è un disco CORTO e dopo tutti sti anni ci si aspettava più roba. Voi come la prendereste? C’è un po’ una visione da all you can eat nella musica che bazzichiamo oppure si riesce a rimanere su parametri diversi: ossia se un disco è bello può durare anche pochi minuti? Ci sono tanti ep belli quanto i full length, basti pensare a Broken dei Nine Inch Nails, My father my king dei Mogwai, Sgn5 degli Isis, An Anthology of dead ends dei Botch o Malval degli Shora. Hai parlato però di “disco corto” e a noi fa piacere, perché non abbiamo pensato ad un ep, ma la gestione del disco è stata così complessa che le composizioni richiedono un grande grado di attenzione nell’ascolto, alla fine abbiamo pensato che 27 minuti fossero sufficienti e soprattutto esaustivi, visto poi il quantitativo di cambi di tempo, intrecci melodici e distorsioni.

Quali sono i temi di Irrational Numbers? In altri casi avrei chiesto dei testi, ma voi fate musica strumentale. Il concept è ispirato all’approccio umano al mondo stesso, in particolare alla necessità di trovare dei parametri che gli permettano di codificare e comprenderlo. Nel nostro caso ci siamo focalizzati sullo spazio e sul tempo, due parametri fondamentali che ci accompagnano quotidianamente e che ci aiutano ad oggettivare ciò che viviamo. Nel disco spieghiamo le nostri fonti di ispirazione da un punto di vista (concedetemelo) filosofico.

Siete etichettati come math rock, in modo ampio e non esaustivo, ma secondo me vi piacciono anche i King Crimson, e pure tanto. In Irrational Numbers ho sentito echi delle loro ultime uscite in studio. A me commuove la loro perenne attualità. Non invecchiano mai. Secondo voi qual è il loro segreto? Confermo che ci piacciono e sono più che un’ispirazione. Il loro segreto secondo noi è il mettersi in gioco – e non lo diciamo per mera demagogia, il loro percorso parla chiaro: sono partiti come gruppo prog rock, per arrivare quasi alla world music negli anni ’80 con la trilogia Discipline, Three of a perfect pair e Thrak senza mai abbandonare le derive prog. Sono arrivati ai giorni nostri aprendo concerti ai Tool dopo aver tirato fuori un disco come The power to believe, assolutamente moderno ma sempre con il loro marchio. Nella loro musica convergono improvvisazione, psichedelia, rock e comunque sono una fucina di idee per ogni musicista. Penso ci siamo spiegati bene no?

Ascolto i LVTVM da un po’ e, memore dei trascorsi di alcuni come Autoblastindog, ai tempi di Adam pensai: questi hanno smesso di cazzeggiare. Mi domandai cosa vi avesse fatto perdere quel vostro sorriso amaro, ma non ero ancora un impiccione con un blog, quindi ve lo chiedo ora: tra le due band volevate davvero un taglio così netto? Bella domanda, nessuno ci farà perdere il nostro umorismo spesso dark, ma tipico di noi toscani. In realtà Autoblastindog e Lvtvm sono due facce della stessa medaglia. La prima sarcastica e iconoclasta, la seconda più ponderata e razionale, ma che se si incontrano al bar riescono a bere 15 birre insieme e trovarsi d’accordo su tutto. L’approccio degli Abd è la voglia di suonare in posti umidi, scalcinati, centri sociali, rovinare aperitivi e matrimoni, vedere persone che si lanciano gonfiabili a forma di cazzo in faccia, sudare come animali e sputarsi addosso con gratitudine dopo aver sbagliato un attacco o un finale. Anche con questa banda di matti lavoriamo su concept basati sull’ironia, ma anche se la forma è scherzosa il contenuto è estremamente serio. Con i Lvtvm la musica è scritta, c’è la necessità di rispettare dei ruoli e ognuno ha il suo spazio di frequenze nelle quali agire senza invadere quello altrui. Ogni cosa è pesata e rispetta un arrangiamento, il target è diverso da quello degli Autoblastindog ovviamente.

Allo stesso modo, c’è stato uno stacco netto tra Quiet In The Cave e Autoblastindog? Vi riascoltate ogni tanto? Sì anche qui viaggiavamo su binari diversi, i musicisti coinvolti avevano un altro background. Siamo usciti con Tell Him is Dead, davvero un bel lavoro, peccato che il chitarrista è emigrato per lavoro in Finlandia e non abbiamo potuto portarlo in giro. Rimane comunque un “pezz ‘e core”, un disco non banale nei testi e nella musica, avremmo potuto dire qualcosa secondo me. Più difficile riascolti i lavori passati degli ABD se non per portare materiale sempre diverso durante i live.

Vi scagliavate, come Autoblastindog, contro “sti cazzo di impiantacci ENEL” anni prima del caro energia che in questi mesi stiamo subendo alla massima potenza. Come vi sentite ad essere arrivati per primi? Questa è una corsa senza vincitori purtroppo, è una critica alla politica e allo sfruttamento che fa del nostro territorio, senza capire con esattezza se, come ex vulcano, l’Amiata sia una fonte di energia pulita. Purtroppo le amministrazioni comunali sono prese per la gola perché di introiti ce ne sono pochi e quello è un modo rapido di rimpinguare le casse e poter fare anche dei lavori pubblici essenziali. In qualche modo quei soldi hanno promosso anche eventi di vario tipo, ma quest’anno ne saranno versati molti meno, sono curioso di vedere dove andranno a parare le amministrazioni. Quella di Arcidosso però, al di là di tutto, ci concede i locali nei quali ha sede la nostra associazione e non ci ha mai ostacolato nell’organizzazione di eventi che ci riguardino direttamente come Cave Canem DIY, per quello che possono hanno supportato la nostra “controcultura” .

Siete abitanti della provincia toscana. Come vi siete trovati, nel corso della vostra vita da gente che suona musica più o meno pesante, a condividere spazi, ritmi, abitudini tipici dei paesi? Tra l’altro, spesso il musicista rock/metal che cresce nei paesi sente la necessità di spostarsi verso le città. A voi è successo, nei vostri anni di formazione? Non è stato facile all’inizio, non lo è nemmeno nei grossi centri, ovvio che in un’area così limitata il bacino di utenza rischia di essere esiguo. Ma col tempo e lo vediamo adesso, la nostra tenacia ha scavato un qualcosa nelle persone che adesso sono incuriosite dall’ underground, che offre davvero musica variegata e soprattutto è apprezzato per la genuinità e la mancanza di compromessi. Ne facciamo già tanti nella vita, ma nella musica almeno lasciateci autentici. Inoltre il riconoscimento del nostro lavoro avviene da persone totalmente estranee alla nostra musica, sia musicisti che non e questo non ci fa altro che piacere. Fortunatamente, per quanto riguarda i membri delle nostre bands, sono tutti di Arcidosso e zone limitrofe, magari si spostano per lavoro in città ma abitano qui e questo permette di tirarle avanti con costanza.

Un gancio che vi ha tenuti nel vostro territorio, lo accennavamo prima, è stata l’associazione Cave Canem, un collettivo diventato etichetta, che ha pubblicato alcuni tra i dischi più belli degli ultimi 10/12 anni. E soprattutto, vi spendete nel territorio e per il territorio. Il ComeLeMine Fest, la Serata della Gaia Accoglienza, addirittura una festa della castagna, tutte all’insegna delle band rumorose che ci piacciono tanto. Raccontatemi di questa esperienza. “Ha pubblicato alcuni tra i dischi più belli degli ultimi 10/12 anni”, questo è un gran complimento. Siamo un gruppo di persone molto critico sia nella musica che suoniamo che in quella che ascoltiamo, quindi la selezione delle bands che vogliamo produrre passa dall’opinione di tutti e si va a maggioranza, per ora ci siamo sempre trovati d’accordo, ma ti assicuro che produciamo un decimo di quello che ci viene proposto. Il Come le Mine Fest è arrivato all’ undicesima edizione, è partito come una celebrazione dei primi gruppi dell’associazione, ma anno dopo anno abbiamo alzato l’asticella sia come qualità musicale che organizzativa. Adesso possiamo dire che è una realtà delle nostre zone, quest’anno abbiamo ospitato famiglie col camper venute appositamente per godersi i concerti, vedere bambini e bambine saltare con i ritmi forsennati dell’hardcore non ha prezzo credimi. Ci tengo a dire che sono saliti sul nostro palco gruppi come Viscera///, Three steps to the ocean, Germanotta Youth, Lili Refrain, Tubax, Jaggernaut, Tom Moto, Arottenbit, Lleroy, Captain Mantell e gruppi minori ma non meno validi. Con la serata della Gaia Accoglienza abbiamo fatto centro, siamo partiti con un assessore che credeva che fosse un gay pride in concomitanza di una processione che avviene proprio quel giorno ad Arcidosso, immaginarsi il passaggio di quest’ultima durante l’evento, ci ha fatto ridere una settimana. In seguito è scoppiato il caos per la locandina fatta da un artista locale, Michele Guidarini, la sua arte iconoclasta va compresa (a proposito seguitelo), è provocatoria e dissacratoria, a farne le spese è stato David Lazzeretti, che è stato truccato e agghindato ad hoc con orecchini vari e tatuaggi, alle sue spalle i colori del movimento LGBTQIA+. La serata è stata un successo pauroso, persone divertite e serene. La cosa più bella è che nessuno degenera mai, pur passando ettolitri di birra.

Con Marco Gargiulo (Metaversus PR) vi conoscete da anni, ricordo ad esempio una compilation tributo della sua mag-music in cui come Quiet In The Cave avete fatto cover dei Black Sabbath. Poi in un altro contesto avete coverizzato i Giardini di Mirò. Fine del flashback nostalgico e ritorno brutale al 2022. Come LVTVM che rapporto avete con le cover? Ne suonate tra di voi, in sala prove? O addirittura ne incidereste qualcuna? Marco ci ha dato l’opportunità di mettersi alla prova. In realtà i Quiet in the Cave sono nati facendo le cover di Digging the grave dei Faith no More e Sober dei Tool, abbandonate dopo poco. Quando ci è arrivata la proposta di farne una dei Giardini di Mirò abbiamo accettato volentieri e devo dire che siamo rimasti molto soddisfatti. Mentre Sweet Leaf dei Black Sabbath è stato il trampolino di lancio per comporre Tell him is dead, abbiamo riusato certe atmosfere doom anche nel disco. Con i Lvtvm in realtà abbiamo portato live una cover dei King Crimson, Larks tongue in aspic, fino a poco tempo fa. Ci abbiamo chiuso un bel po’ di concerti. Comunque dovrebbe esserci un video su YouTube, ma onestamente non è un granché.

È notizia di poche settimane fa: abbiamo un nuovo pezzo dei Botch. Che ne pensate? Siamo abituati a dischi come We are the romans o An antology of a dead ends e forse il pezzo ci è sembrato troppo forma canzone e dritto; pareri discordanti che trovano comunque un comune denominatore… erano meglio prima e speriamo che, in un eventuale full length, non abbiano fatto la “marchettonata”!

Il piatto tipico del Monte Amiata senza il quale i LVTVM non sarebbero come sono oggi? Direi la Scottiglia: ti avanzano diversi tipi di carne piccole parti, nessuna delle quali è sufficiente, presa da sola per farci una portata o un piatto tipico. Cosa fai? Le metti tutte insieme ci fai una sorta di ragù e lo metti un una zuppa con pane. Cosa trovi alla fine? Un piatto unico che ti sfama per un giorno intero.

Prossimo disco… 2027? Spero prima, dai! Non abbiamo scadenze, scrivere la musica dei Lvtvm non è uno scherzo, eseguirla bene lo è ancora meno. Alcuni componenti hanno addirittura 5/6 gruppi, gli impegni di lavoro. La cosa certa è che usciremo quando saremo in grado di eseguire perfettamente i nostri pezzi, che hanno bisogno di tempo per essere interiorizzati ed interpretati al meglio. Ti ringraziamo per questa bella intervista, è stato un viaggio nel passato e ci hai permesso davvero di parlare in modo profondo della nostra realtà comprese le altre band del panorama DIY.

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