Sono un tipo aperto a nuove esperienze. Ogni tanto ci provo. E puntualmente non ci riesco. Di cosa si tratta? Ma è il gioco più amato da alcuni signori redattori dei portali musicali seri! Pensate che vita triste deve essere se si va ai concerti per sottoporre i musicisti a una sorta di esame, per rilevare e porre a fondamento del loro scritto il solo particolare negativo. Come se tutto il resto fosse dovuto o di ordinaria amministrazione. Posta in questi termini la questione mi ricorda alcune discussioni sulla Juventus di mister Allegri, ma non fatemi divagare. Non mi metto nei panni del celodurista dei live report: non ne sono in grado, conosco abbastanza bene diversi gruppi di cui leggerete appresso e quindi il mio sarà un flusso senza alcuna pretesa censoria (come al solito).
La formula della serata è solida e assicura parità tra tutti i gruppi, ognuno dei quali – a prescindere dall’ordine di esibizione – ha a disposizione circa mezz’ora. I primi sono gli Skulld (la cui pronuncia è lasciata nel dubbio dagli stessi musicisti), di recentissima formazione, ma con gente già conosciuta nel giro in precedenti esperienze come Agatha e La Prospettiva. La mia curiosità è tanta perché ho apprezzato veramente moltissimo la loro prima (e unica) demo di due pezzi e in questa occasione suonano anche qualche inedito. Alcuni li definiscono black hardcore, ma – soprattutto live – si sentono corpulenti riffoni death metal a fare da padrone. Non è un caso che verso la fine del set facciano una cover degli Entombed. Ancora adesso non saprei come perimetrare bene il loro genere, dato che hanno mostrato di essere ben più massicci delle incisioni in studio (ad esempio nella parte finale di Red Moon, dal break in poi). Forse c’è qualche punto di contatto con gli Stasis, ecco. Ma perché mi sto impelagando in descrizioni che non mi riescono mai bene? Quello che ho visto e sentito conferma che gli Skulld sono tra i nomi su cui scommettere già nell’immediato, come confermano già le diverse esibizioni accanto a Marnero, Messa, Rotten Sound e Black Tusk.
Ascolto il loro EP a ripetizione e in ogni più disparata situazione. È la seconda volta in meno di due mesi che assisto a un loro live. I Ferum, ad un annetto dall’esordio dal vivo, oramai sono un mio gustoso feticcio e con questo spirito ho vissuto l’esibizione del gruppo di casa Everlasting Spew. Capirete allora che la loro catartica pioggia di odio mortifero mi è sempre più familiare. Per questo, anche se la chitarra di Samantha non arriva al pubblico come necessiterebbe in Siege of Carnality, l’esibizione mi colpisce quasi come quella di Roma. Sapete, tutta la retorica sulla prima volta che non si scorda mai… E insomma, mentre qualcuno si prodiga in funzioni religiose per tentare di riconciliarsi con la divinità, su questa terra almeno un altro individuo – ossia colui che vi scrive, come avrete intuito con arguzia – necessita periodicamente di sentire i brani di Vergence in disordine con un inedito alla fine del concertino. Scelte di vita, scelte di death metal.
I Vomitmantik sono pura bestialità, degli esseri abietti che hanno di umano solo le sembianze, per certi versi. Finché non li vedo sul palco, non sono a conoscenza che, tra gli altri, ci stanno anche Carlos degli Uncreation e il frontman dei Necromutilator. Con una proposta così estrema nelle idee e nell’esecuzione, vado in estasi. Anche loro, come gli Skulld, hanno all’attivo una sola breve e recente uscita (Bloodrehearsal, due brani più outro) e nel set del Born To Be Grind inseriscono un paio di cover (Sarcofago e Blasphemy) giusto per ribadire il mood acre della loro apparizione. Mi mangio le mani per essermi fatto sfuggire qualcuno di loro perché avrei volentieri preso la loro tape.
Abito a meno di due ore dalla piana del Sele e il mio primo live dei miei conterronei One Day in Fukushima riesco a godermelo solo a Bologna. Ironia della sorte la band è pure senza il cantante, bloccato a casa da problemi fisici. Flop? Ortaggi sul palco? Fischi? Macchè! Noi brutti ceffi del pubblico alla fine vogliamo pure il bis! Il trio campano, con Fabrizio per l’occasione anche alla voce, rende onore al fest con una performance divertente e allo stesso tempo connotata da grande solidità. Saccheggiando Ozymandias, il loro primo full uscito lo scorso anno, il concertino è scandito da naturale violenza e goliardia grind, con menzione d’onore per il nuovo batterista Paolo che maciulla tutto con potenza e precisione assoluta. Se – come me – la seguite da diversi anni, starete ridacchiando soddisfatti di come questa band sta crescendo in maniera esponenziale.
Come posso non arrivare carichissimo ai Valgrind? Anche di loro già sapete molte cose, quindi sarò sintetico. Avete presenti i termini che di solito si associano a quei gruppi che ti rendono schiavo delle loro canzoni? Se esprimono grandezza e maestosità ci stanno bene tutti. Premesso che la perfezione non è di questo mondo, e ciononostante i Valgrind ci vanno abbastanza vicini stasera, resto comunque sorpreso da un Max Elia tonico e lanciatissimo nelle parti soliste, che si rivelano uno spettacolo nello spettacolo. Rivaluto molto positivamente la traccia che dà il titolo all’ultimo album, Blackest Horizon, non la mia preferita su disco, e mi emoziono davanti a una delle mie preferite dei Valgrind, Fifth Nightmare. Ve la linko perché la parte conclusiva è da autoerotismo frenetico. Insomma, non so cosa si potrebbe volere di più da un gruppo death metal e da un festival.
[F]
[…] e cd con due etichette fantastiche. A voi i Ferum, di cui vi ho già parlato nei miei resoconti di due concertoni tanto belli, ma tanto belli che vi meritate una pacca sulla spalla se ve li siete persi […]
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[…] Ferum! Of which I have previously written about in a couple of previous reviews about two fantastic concerts, so good that what you deserve is a pat on the back as to say ‘well done!’ with […]
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