Paesi Bassi, profilo basso. Sotto il segno di T.J., seconda parte: “puro e disposto a salire a le stelle”

Un paio di settimane fa vi ho presentato T.J. e i suoi gusti musicali alquanto particolari. Andiamo avanti, con quelli che reputo le sue migliori creature. Peccato non avervi potuto linkare tutta la musica di cui state per leggere: i formati analogici e non immediatamente riversabili su mp3 sono un’arma a doppio taglio.

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Nei Mirre assieme al nostro personaggio ci sono due individui (Myrrha e Vestibulum) che recentemente abbiamo incontrato sotto il moniker di Cruentare. Di loro scriverò in un’altra occasione. L’esordio, dell’autunno 2015, non è niente più che una demo nel vero senso della parola. Otto imprevedibili minuti in cui dimostrano di saper puntare al lato più rituale e spirituale del black metal, così come di essere capaci di sferrare colpi bassi e di saper fare un grande baccano. Di Rook Der Gerstorvenen, uscito sei mesi dopo, ho ascoltato solo il brano che vi posto qui sotto, ma l’evoluzione riscontrata in Geselingspsalmen ha del miracoloso. La cassetta è uscita per The Throat in cinquanta esemplari. Recuperatela se riuscite. In due lunghe canzoni improvvisate (!) di circa undici minuti la band è migliorata incredibilmente con una batteria che raramente ho sentito in modo così chiaro nel black metal olandese. Per la prossima demo, che uscirà a inizio 2019, T.J. mi ha detto che i Mirre hanno abbozzato per la prima volta una sorta di preparazione dei brani, nel senso che ognuno ha provato le sue parti per i fatti suoi. In futuro, quindi, ci sarà un vero e proprio songwriting (per usare un termine webzinaro).


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Potreste pensare che, dopo il focus sulle paludi di Ancient Morass, T.J. abbia voluto anche creare della musica attorno a un concept bovino, ma in realtà Mùu (con l’accento solo sulla prima u, mi raccomando) è un progetto strano, molto spontaneo e senza una vera e propria forma. Il fatto che si debba entrare in un mood decisamente particolare per creare brani simili, senza alcun punto di riferimento, giustifica una certa lentezza nella composizione. Mùu è un viaggio alla scoperta delle antiche civiltà, a metà tra archeologia e flusso di coscienza. Alles, aan het gesponnen lot onderworpen ha scorie dell’esperienza metal del suo creatore, risultando più noiseggiante in alcuni punti, mentre De Vergankelijke Zuilen Der Beschaving si rivela sorprendentemente più fresco (pur essendo un bombolone di ambient densissimo) e nel suo essere totalmente senza compromessi. Lo strumento principale è il corno, ve lo anticipo. Ecco, sono questi gli unici due brani disponibili (diciassette minuti l’uno), riversati su due cassette uscite lo scorso anno per Consistentis Veritatis Peremptoria in venticinque esemplari ciascuna, sebbene il primo dei due fosse stato pubblicato su Bandcamp già dal 2016. In un recente scambio di battute, T.J. non è riuscito a nascondere la sua contrarietà nel vedere Het Gesponnen Lot su Disccogs a venti dollari quando all’uscita ne costava tre.


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Arriviamo infine alle creature che mi hanno fatto scoprire questo grande musicista. Con la prima, Kaffaljidhma, si svela almeno in parte perché ho scelto quella citazione per il titolo del post. Si tratta infatti di un sistema stellare nella costellazione della Balena, in arabo vuol dire “parte di una mano”. In effetti la musica è davvero spaziale. La prima demo, della primavera 2016, si differenzia dalle altre a causa di una batteria molto pronunciata, quasi post punk nell’incedere. Benché T.J. ami il genere, questa scelta è stata più una necessità che altro. Infatti già in II le cose sono cambiate e Kaffaljidhma ha assunto le connotazioni per cui è venerato come uno dei migliori progetti raw atmospheric black metal degli ultimi anni. Le ritmiche (comunque molto definite rispetto ad alte cose che avete ascoltato fino ad ora) devono stare sotto al flusso di chitarre e synth, c’è poco da fare. Ha funzionato benissimo così, lungo altre quattro avvincenti demo e due split di lunghezza contenuta tra i dieci e i diciotto minuti, in cui la Trinità venerata è composta da Paysage d’Hiver, Darkspace e Trist tedeschi, quelli di Hin-Fort. Ciascuno dei lavori ha delle piccole differenze per densità della texture e melodie. Di recente ho appreso che tra qualche mese dovrebbe uscire un vero e proprio full length (la cui preparazione è cominciata nel dicembre 2017, pensate) in cui la batteria suonerà in modo totalmente diverso che in passato. Le prime tre canzoni/demo sono disponibili in una compilation su cd pubblicata dalla italiana War Against Yourself Record perché sia T.J. che The Throat avevano sottovalutato l’hype di Kaffaljidhma, tanto che le classiche venticinque copie per ciascuna release sono svanite in un soffio. Avrebbe potuto essere una raccolta ancora più completa, ma mancano sia lo split con Vestibulum Vacüui che IV, poiché il tizio di VV non fa ristampe e la label di K. Ravko ha poi stampato da sé un numero più consistente di copie della tape. A proposito di split, ce n’è anche uno con i Gethsemane, altri eroi locali, che condividono la stessa visione della musica.


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Himelvaruwe è il gemello terrestre di Kaffaljidhma, che ciononostante contempla l’infinito. Inizialmente doveva rimanere nell’anonimato, ma certe volte i metallari sono dei grandi pettegoli e quindi non se n’è fatto nulla: addio identità misteriosa. Il nome è in olandese antico e significa all’incirca “i colori del paradiso”. Parrebbe qualcosa di molto mistico e spirituale, e il cantato per brevi tratti salmodiante ce lo conferma indirettamente. Sebbene T.J. non sia cristiano, è forte l’influenza di gente come i Reverorum Ib Malacht: la luce può avere la stessa carica di aggressività delle tenebre. Tuttavia anche qui ci sono diverse variazioni di volta in volta. Il primo Gewrocht ha come tema la creazione, ma con meno enfasi cosmica rispetto a Kaffaljidhma. Alcune cose sono decisamente più sporche e oscure. Soprattutto CCIII, intitolato così per indicare l’anno (203 d.C.) in cui furono martirizzate le Sante Perpetua e Felicita, a Cartagine. Oppure lo split con Cer (no, non ho sbagliato a scrivere, manigoldi) in cui si celebra un dualismo simbolico tra l’elevazione massima e le profondità più inarrivabili. Con le due uscite gemelle Zwaluwenvensting e Der Onkenbare ,inzuppate di krautrock ognuna a suo modo, si scopre che Popol Vuh e Ash Ra Temple sono le influenze più importanti dopo Paysage d’Hiver e Fell Voices. Himelvaruwe sembrava avesse trovato la sua forma più evoluta, ma di recente Helmpoort è arrivato a spostare leggermente il tutto sotto parametri più classicamente atmospheric black netal. Probabilmente ci saranno ulteriori pubblicazioni di questa creatura molto cangiante già nei prossimi mesi.


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La corposa e gustosa forchettata di cazzi altrui, nella fattispecie del buono e paziente T.J., è quasi conclusa. Olxane è il suo progetto più recente. È un concept sulla natura, sulla decomposizione fisica e sull’ascensione spirituale. Dalle carcasse possono nascere i fiori più belli. Una frase di questo tenore (ad opera di Edvard Munch) si ritrova nel retrocopertina di Primitive Casket, uscito a inizio 2018 per Nebular Carcoma, dopo una gestazione di alcuni mesi. Il motivo di tali tempistiche a fronte di una durata di diciassette minuti? La contemporanea preparazione del primo full dei Kaffaljidhma, ancora in corso. Non ho alcun imbarazzo nel confessarvi che la prima volta che ho ascoltato Primitive Casket ho pianto di gioia. Ok, anche la seconda. Alla terza ho smesso perché avevo finito le lacrime. L’agrodolce di certe melodie è a dir poco sublime. Nonostante la citazione di Munch, non è un black metal da espressionismo, ma qualcosa di più tenue. Lo stesso T.J., incalzato, ha citato come referente visivo di Olxane una sorta di connubio tra i colori tenui di Monet e il dinamismo di Turner. Vermilion Ruin è stato pubblicato in digitale a ottobre e in cassetta a dicembre, sempre per Nebular Carcoma. È stato concepito in modo molto più veloce del suo predecessore, agli inizi dello scorso autunno, benché il modus operandi dietro al mixaggio e al mastering si sia cercato di riprendere quei suoni. La sorpresa non c’è più, ma anche stavolta si toccano vette di gran gusto compositivo.


Vi lascio con un paio di considerazioni di T.J., rese dallo stesso quando gli ho chiesto se anche da lui, in Olanda, il metallaro è intrappolato nello stereotipo del fancazzista ubriacone che mai si realizzerà nella vita e se ci si stupisce quando si scopre che, in realtà, ci può essere un amante del metal dietro all’apparenza più insospettabile. Ringrazio Giuseppe D’Adiutorio/Stilgar per la traduzione dall’inglese all’italiano.

“C’è lo stesso pregiudizio qui, peccato che alcune persone tendano a confermare questo tipo di stereotipi. In effetti conosco diverse persone che vengono definiti (o si definirebbero) “metallari”, ma che sono incredibilmente eruditi, sia in un senso accademico, o con competenze acquisite in maniera autodidatta. Direi che l’atmospheric (e alcune cose raw) black metal ha tematiche meno “crude” del solito, perciò persone con simili affinità intellettuali tendono ad esserne attratte più facilmente. Diverse band hanno concept con contenuti storici, filosofici et similia, inclusi i miei progetti. Ho il bisogno di mettere enfasi anche su un lato più emotivo ed empirico, provo a pensare ad una base su cui costruire la mia musica, ma lascio sempre che la mia intuizione faccia gran parte del lavoro. Le nozioni accademiche e basta non producono necessariamente buona musica, ecco perché lavoro spesso utilizzando tematiche “mistiche”, visto che si prestano molto bene per sensazioni dirette ed empiriche, che si traspongono poi in musica atmosferica. Per diversi motivi il termine “misticismo” è abbastanza problematico, aggiungerei. Molte tradizioni religiose sono inserite in quella categoria sulla base di diverse condizioni “universali” che in realtà non sono affatto presenti nella maggior parte di questi casi. Ho usato il termine “mistico” per definire il mio approccio musicale perché non so come definirlo altrimenti. Sono uno studioso delle religioni, e credo che debba mettere un filo di enfasi riguardo a ciò. Detto questo, credo non ci sia nulla di sbagliato nel lato più “crudo” del black metal. Direi che Ancient Morass è uno dei miei progetti che converge di più su quel lato, per esempio, è un’interpretazione primitiva del black metal. Non c’è nulla di male neppure in questo”.

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