Gli svedesi oltre la siepe #2: Cemeterius, Fördärv, Helvetestromb, Nachtlieder, Höstblod

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Torniamo in Svezia, alla scoperta di alcuni gruppi che soffrono la provenienza e la vicinanza ingombrante a troppi big del black metal. Se non avete ancora letto la prima puntata, è tempo di farlo. Poi fiondatevi nella seconda. O nel ground zero di Cirsium Kollektivet. Fate voi, insomma.

I Cemeterius hanno volto il loro sguardo verso l’est/sud-est europeo poiché dicono di essere influenzati dalla musica bizantina e dal folklore rumeno. Ovviamente il tutto filtrato dal linguaggio del black metal con qualche passaggio thrash. Quindi niente paura, Kaúr’s V’Rei, uscita nel marzo 2018, è un’opera prima con poche rotture di continuità (la zompettante e monotona Ouroboros’s Crown) e tanta solidità, fornita dalla premiata ditta Darkthrone e Celtic Frost, che hanno messo le basi di quanto stiamo ascoltando ora. I suoni sono molto ben definiti, e questo è solo un bene viste le diverse melodie provenienti dalle influenze sopra citate. C’è meno estremismo di quanto possa apparire. Almeno per ora. E soprattutto, come per i Wolfcross, c’è una spiccata vocazione live nello stile impiegato.


“Svedesi che non copiano altri svedesi” era in ballo come titolo di questa serie di post, poi ho pensato che sarebbe stato più giusto porre l’accento sulla pigrizia degli ascoltatori perché, in effetti, copie o non copie, i gruppi di cui vi sto scrivendo sono lì da anni eppure non è che io abbia visto chissà quale voglia dei fan del genere di andare oltre. In ogni caso il titolo poi scartato è molto calzante se consideriamo i Fördärv. Un duo che nulla vuol dire dei componenti al di fuori della musica, tanto da non avere neanche una pagina Facebook. Dopo un EP abbastanza lunghetto (25 minuti), nel 2013, che lasciava intravedere dei discreti intenti, è arrivato Between The Eternities l’anno dopo. Scenderà qualche lacrimuccia a Katia, se mi starà leggendo, poiché i Fördärv fuorono tra le primissime uscite della sua Nigredo Records. Il full length è di tutt’altra pasta ed è un grandissimo peccato che non ci sia stato ancora un seguito. Sembra molto pestone lo stile della band (un po’ lo è, se consideriamo molte altre cose che vi ho presentato in questa occasione), ma la batteria molto serrata è accompagnata da una coltre molto spessa di riff iper-distorti che meritano tanti ascolti. Per farla breve, tutto funziona alla grande. Peccato che, stando a quanto si può dedurre dal movimento pressoché nullo, sia un progetto praticamente morto.


Dalla discrezione e sommessa eleganza di qualcuno, alla dissacrazione satano-sodomitica di altri. Mi riferisco a dei trentenni ubriachi ricoperti di sangue e borchie, che facevano casino qualche anno fa quando erano Skoll e ne fanno ancora di più oggi che si chiamano Helvetestromb. Non ho idea di come siano finiti su WormHoleDeath, etichetta che non ho mai approfondito più di tanto, ma se loro sono un esempio di buona condotta e ottima musica mi sa che devo rivedere i miei pregiudizi. Volete sapere perché la opener si chiama Tempesta di merda? In onore della label italiana! In origine il titolo però era ancor più esilarante: La Tempesta Shitstormo. Il puttanaio di black, punk e thrash infernale creato nei trenta minuti di Demonic Excrements Cursed With Life è all’altezza dei più efferati criminali stupra-capre sudamericani, in un memorabile quadretto che farebbe impallidire gli attuali Carpathian Forest, sia come attitudine che come sostanza prettamente musicale. Preparate la vaselina.


Avete presente quando un pezzo vi colpisce in maniera straordinaria, non lo riascoltate per anni, ma poi quando riemerge lo fa con la stessa forza che aveva la prima volta? Mi è capitato con Leave The View To The Rats di Nachtlieder. Avevo proprio dimenticato di averla già ascoltata, poi ho ripreso l’album di esordio di questo progetto unipersonale e tac… ci sono ricascato. Quel disco aveva alcuni spunti notevoli nella sua discontinuità. Così anche il successivo The Female of The Species perdeva qualcosa nei riff più lenti, risultando non il passo in avanti decisivo che ci si aspettava. Ma attenti: nulla di così grave da giustificare la recensione di Metalitalia con l’inqualificabile accostamento a Myrkur. Dagny Susanne, perdonali perché non sanno quello che dicono. Le valutazioni dovranno necessariamente essere riviste alla luce di Lynx (Nigredo Records): le cose sono cambiate. Se mai Nachtlieder è stata crisalide, ora è farfalla. Ha finalmente composto il disco per cui la ricorderò per sempre, bello e brillante dall’inizio alla fine. Non criptico come l’immenso album di Ieschure dello scorso anno, ma sicuramente particolare dei suoi predecessori. È il più violento e senza compromessi, con le melodie più mature e adulte. L’operato del batterista Martrum, mai così serrato, e dell’ospite Déhà (uno con le mani in pasta in tantissimi gruppi) agli “effetti vari” hanno conferito uno spirito diverso ai brani, che ora non hanno alcuna ingenuità. È un disco elegante e spietato come una lince.

“The lonely watcher / The howling of the wolves will cease / While I carry the sun over my left shoulder / And the morning light shimmers through the pine trees / I turn my gaze to the skyline / And the dawn belongs to me”


Metal Archives ha rifiutato l’inserimento in database di Höstblod perché “Predominantly acoustic/folk with little Metal”. A me non frega nulla perché so che in quel sito ci sono delle teste di legno, ma faccio notare che al suo interno c’è roba ben più leggera di Mörkrets Intåg. Uscito in vinile per Le Narthécophore, a fine settembre in cd per Wolfspell Records e a ottobre in cassetta per Winter Sky Records, è un album meraviglioso. E con questo chiudo la rassegna svedese. È particolarmente emotivo, struggente, intenso, umido di neo-folk e a tratti lacrimoso, una sorta di sigla e voglio fare in modo che sia la più penetrante di tutte. Ha delle parti che possono ricordare i 1476, altre i Solstafir e soprattutto gli Anathema prima che diventassero una macchietta del tristume più standardizzato. Il metal è solo uno degli ingredienti, tanto che più spesso sembra di essere finiti in una delle mie serie tv preferite, The Leftovers, con la colonna sonora di Max Richter che provoca pianti a dirotto. Applausi scroscianti.

[F]

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