Intervista a Marco Valenti (Toten Schwan Records, Tritacarne)

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La faccenda è seria. Toten Schwan Records, da qualche anno una delle migliori etichette italiane libere, sempre al di fuori di logiche commerciali e di corporazione che spesso fanno capolino nel nostro ridente ambiente alternativo/rock/metal, mi ha concesso un’intervistona della madonna. Non aggiungo altro perché sono incredibilmente esaltato e onorato di questa preziosissima testimonianza di Marco Valenti: la mente, il corpo e l’anima di Toten Schwan. Prendetevi qualche minuto perché ne vale assolutamente la pena. [F]

Partiamo dalla delimitazione dei confini, prima ancora che dalle definizioni. Cosa è Toten Schwan? Persone, ideali, un’attività lavorativa o – come scritto su Bandcamp – un collettivo di controcultura? Sicuramente non è [e non deve diventare mai, pena la morte interiore] un’attività lavorativa. Il lavoro concettualmente fa rima con oppressione. È lo strumento che permette il peggiore degli accrescimenti, quello meramente economico, in funzione di una sempre più semplice e veloce ascesa nella gerarchia sociale. Toten Schwan non deve essere niente di tutto questo. È molto più semplice dire che cosa non sia rispetto a che cosa sia o vorrebbe essere. Nei momenti di crisi generale [e generazionale] in attesa di tempi migliori, come diceva il mio conterraneo Montale è molto più semplice dire quello che non si è. L’idea del collettivo di controcultura è sempre viva in me. E deve continuare a far sentire il suo pulsare vitale. Di certo non è semplice trascinare in questa impresa del tutto priva o quasi di rientri economici certi altre persone. Gli ideali forse non hanno più la presa che potevano avere un tempo. Si dice che sono i tempi ad essere cambiati ma credo che per contro anche le persone sono molto cambiate. E sicuramente non in meglio.

In che contesto controculturale e sociale è nata Toten Schwan? Lo so che guardando il documentario ci sono tutte le risposte sulle origini, ma mettiamo tutto per iscritto, suvvia! Siamo nel duemiladiciotto, sono passati alcuni anni da allora. Credo che abbia forse poco senso raccontare che cosa ha spinto diversi anni fa DR a creare Toten Schwan. Erano anni diversi. Ed eravamo anche noi ad essere diversi. Oltretutto io nemmeno c’ero. Sono subentrato in corsa. È una domanda che dovremmo porre a DR per avere una risposta certa e sincera. Io potrei darti la mia percezione frutto di anni di frequentazioni con lui, ma sarebbe sempre e comunque la mia versione dei fatti, che rischierebbe di essere la versione che mi sono fatto piacere. Anche lo stesso documentario oggi ha poco senso. Descrive un momento. Fotografa un istante. Però nel frattempo la vita è andata avanti. Tante cose non sono più le stesse di allora. È un bel modo di ricordare il passato ma non ha molto in comune con tutto quello che oggi porto avanti. Non che voglia prendere le distanze da allora ma si tratta di situazioni contingenti completamente differenti.

Collettivo vuol dire anche che da soli non si va da nessuna parte? Eppure adesso Toten Schwan sei solo tu, Marco! Ottima domanda, oltre che giustissima [e gradita] provocazione a cui rispondo con piacere. Collettivo significa provare a cambiare le cose insieme. Ampliare le proprie vedute scambiando idee con gli altri. Capire i propri errori grazie agli altrui suggerimenti. È chiaro che tutto questo necessita di una dose di onestà intellettuale di base, altrimenti davvero “non si va da nessuna parte” come dici tu. Oltretutto il collettivo se funziona, ha un senso, altrimenti è meglio stare da soli. Non ne faccio un discorso economico, nel senso di ripartizione dei costi. Il collettivo per come lo vedo io ha un’importanza che trascende il materialismo. Permette di arrivare laddove una persona sola [che ha sole 24 ore al giorno a disposizione] non può nemmeno pensare di arrivare. Sono i compiti ad essere ripartiti e non i costi.

Immagino che allora non Toten Schwan non sia più una associazione culturale e che quella forma giuridica non sia più adatta alle finalità del progetto… Tu, da questo punto di vista formale, cosa consiglieresti alle piccole etichette o ai neonati collettivi? Esattamente. L’idea dell’associazione culturale fu di DR e delle altre persone che diedero vita a Toten Schwan. Con la sua uscita da TS venne giustamente a decadere l’aspetto giuridico, dal momento che erano loro gli intestatari legali dell’associazione. Dal momento che tenere in piedi un’associazione legalmente costituita con tanto di statuto era secondo me un vincolo non necessario ho ritenuto di non proseguire in quella direzione. Ma non perché non fossi d’accordo con la legittimità e la correttezza della loro scelta. Il motivo come detto fu solamente di utilità pratica. Credo, passando alla seconda parte della tua domanda, che oggi chi mette in piedi realtà simili alla nostra non prenda nemmeno in considerazione la possibilità di creare un’associazione culturale, che resta un retaggio di chi come noi ha alle spalle diverse primavere. Sinceramente non mi sento di consigliare una strada rispetto all’altra.

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Ora passiamo ai termini e alle frasi che colpiscono subito chi si approccia a Toten Schwan. Banalmente, la prima cosa è il nome: come è stato scelto, cosa comunica il nome in un’etichetta e cosa comunica il nome Toten Schwan rispetto alle tante altre che pullulano nella forestazione musicale italiana? Toten Schwan suona decisamente meglio della versione in inglese Dead Swan. La scelta del tedesco dunque è stata indirizzata dal cercare omonimie vista la diffusione capillare dell’inglese in ogni latitudine. Se guardi il simbolo noterai che raffigura la morte [toten] sul cigno [schwan]. Gli elementi formanti il logo si rifanno al simbolo della Liguria [il cigno] e al più classico dei clichè in ambito musicale, vale a dire l’associazione tra il suono estremo e la morte, rappresentata qui appunto dal teschio. Poi negli anni è subentrato [affiancando il cigno ma non sostituendolo] il logo con la lametta. Segno inequivocabile dell’alienazione per la vita quotidiana. Per quello che riguarda il significato del nome per ogni etichetta, credo che spesso si scelgano nomi tenendo conto sia dell’assonanza fonetica tra le parole cercando di essere il più “cattivi” possibile. Il nome alla fine lascia il tempo che trova. Ciò che distingue un’etichetta è quello che pubblica e che diffonde. È un po’ il vecchio dicotomico discorso tra chi siamo e quello che facciamo. Io cerco, non solo nella musica ma anche nella vita di privilegiare il secondo aspetto, quello del fare, rispetto a quello dell’essere e dell’apparire. Toten Schwan è solo un nome come tanti. I dischi di Toten Schwan invece sono altra cosa. La differenza c’è ed è sostanziale.

Il sottotitolo è “nichilismo iconoclasta”: in che termini va a completare la natura di Toten Schwan di “collettivo di controcultura”? In cosa sta la diversità dalla cultura mainstream? Nichilismo ed iconoclastia sono due elementi che caratterizzano la mia vita e di conseguenza per forza di cosa anche quella di Toten Schwan. Sul versante nichilista basta guardarsi intorno per capire che il declino della cultura e dell’essere umano non ha fine. È sempre peggio ogni giorno che passa. Non ci sono speranze. Il percorso è di sola andata. Ci resta solo la consapevolezza della nostra posizione antistorica. L’uomo è povero [dentro]. E non ha nè la voglia, nè le capacità per invertire la situazione. Di conseguenza dischi che rispecchino questo nostro stato d’animo pessimista ma lucido sono i benvenuti. Non c’è spazio da noi per le merdate punk rock allegre e spensierate che da anni infestano la nostra città natale. Non a caso mi sono spinto fino alle porte della “capitale del male” lasciando la città in cui sono nato. L’iconoclastia invece è la necessità di combattere quello che secondo me è il male assoluto, vale a dire la religione. Culti cattolici [ma non solo] e immagini “sacre” stanno a ribadire il nichilismo di cui sopra. L’uomo consacrato alla religione è un uomo povero che non ha speranza alcuna rinunciando al bene più prezioso di sempre: il libero arbitrio. Noi dentro Toten Schwan preferiamo sbagliare da soli, senza bisogno che arrivi il primo gaucho dalle pampa a dirci che cosa è giusto e che cosa non lo sia. L’uomo moderno è morto. E i dischi che pubblico sono la colonna sonora del suo funerale. Come diceva Camus “l’uomo è l’unico animale che rifiuti di essere ciò che è”. Per quello che invece riguarda il mainstream io non parlerei di cultura, dato che trovo che l’atteggiamento mainstream sia tutto il contrario del concetto di cultura. L’attitudine mainstream è l’esaltazione del politicamente corretto, dello stereotipo, del cliché pronto e fatto per essere al passo coi tempi stando attenti a stare “dalla parte giusta” dello schieramento. A noi piace sedere dalla parte del torto [cit.] e non perché tutti gli altri posti sono già occupati, ma per scelta. Non si tratta di voler essere per forza anticonformisti, anzi l’anticonformista è il massimo esponente del conformismo, così come l’antifascista oggi è molto più fascista del fascista propriamente detto. Stare dalla parte del torto significa cercare di guardare le cose da prospettive diverse rispetto a quelle solitamente usate. Non stiamo dicendo che siano migliori, ma di provare a guardare con gli occhi di un’altra persona. Spesso aiuta. Molto più di quello che si pensi.

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Quali sono state le prime parole mai cantate/urlate/sussurrate su Toten Schwan Records? Hanno ancora un significato rispetto a quello che TSR è diventata oggi, visto che le persone sono cambiate? Non saprei come rispondere. Come detto sopra al tempo non c’ero. Ero isolato nella campagna del Granducato ben lontano da Spezia e dalla sua miseria intellettuale. Siamo distanti, non solo geograficamente, da allora. Ho pensato per un momento di coinvolgere DR in questa nostra conversazione in modo da darti una risposta esaustiva, ma poi, ho desistito. È un discorso che tranne che a te non interessa a nessun altro. Magari glielo chiedo la prossima volta che vado a trovarlo e te lo faccio sapere. Sul fatto che abbiano poco, se non pochissimo significato oggi credo siamo tutti d’accordo. Di base c’era [e c’è ancora] una profonda delusione per l’animale uomo. Questo è indubbio. Non a caso ho inserito nel sito di Toten Schwan “L’estro del male” una poesia dello stesso DR che spiega perfettamente quale fosse la sua posizione: Mi insegue come cani la volpe / Non cerco e non trovo / Che una tana / Mille miglia/ Al largo / Di me stesso. Questo quello che ancora di attuale rimane. Del resto non saprei. Contesti troppo diversi per poter cercare similitudini.

Hai notato che due tra i primi gruppi a finire su Toten Schwan Records (SHC e Joan’s Diary) hanno scritto canzoni sui lemming? Ti sei chiesto il perché? Intanto un perché iniziale c’è ma è evidente solo a chi conosce Toten Schwan. Sono entrambi progetti di DR. Ovvio che i suoi demoni lo accompagnino in ogni sua creazione/manifestazione/delirio. Conoscendo DR sono certo che faccia riferimento all’immaginario collettivo che racconta del suicidio di massa dei roditori nordici. Che poi il fatto che il suicidio rituale sia vero o no, come sostengono alcuni, non toglie nulla all’idea di base, che è quella dell’abbandono della vita e delle abitudini terrene. Conoscendolo, non credo che se ne sia nemmeno accorto.

Non oso chiedere un commento ciascuna delle oltre cento uscite (tra già pubblicate e annunciate) Toten Schwan, anche e soprattutto perché non le conosco tutte, ma mi concentrerò solo su alcune. Tu hai pubblicazioni preferite? Se invece sono tutti scarrafoni belli a papà suo, senza fare nomi, mi riveli delle situazioni che hanno reso alcuni dischi più speciali di altri? Ovviamente non sono e non possono essere poste sullo stesso piano, sia qualitativo che affettivo. Ci sono differenze enormi tra le varie uscite, perché diversi sono i momenti in cui le abbiamo realizzate e diverse sono le persone con cui abbiamo avuto modo di interagire. In linea di massima potrei dirti che mi piacciono tutte. Ma non è vero. Alcune sono state delle delusioni, soprattutto umanamente parlando. Mentendo nuovamente potrei dirti che l’uscita più bella sarà sicuramente la prossima, ma non è così. Negli anni abbiamo avuto modo di confrontarci con persone che hanno avuto un impatto decisamente importante nelle nostre vite e che si sono ritagliate spazi che amici di più vecchia data ancora oggi faticano ad ottenere [sempre che ce la facciano..]. Ci sono dischi di cui sono ovviamente orgogliosissimo e che rifarei domani, così come ci sono dischi che mi sono pentito di aver fatto uscire. Non perché non mi piacciano e non mi dia soddisfazione ascoltarli, ma perché dietro non c’è stato niente di quello che si poteva prospettare a livello umano. Facile fare i pompini quando il disco deve ancora uscire. È dopo però che si deve continuare a farli. E invece spesso a disco pubblicato si torna al sano vecchio onanismo. Non ho problemi a farti i nomi dei preferiti, anzi lo faccio volentieri. Non tanto per sminuire gli altri ma al contrario per esaltare ancora chi merita il massimo del supporto e dell’affetto da parte nostra. Il casino è che magari si rischia di dimenticare qualcuno, ma è anche vero che chi ha un posto speciale nel mio cuore lo sa benissimo anche senza leggere questa intervista. Partiamo dalla fine. Martyris Bukkake di Nàresh Ran è un disco che non avrei potuto mai rifiutare vista la confidenza e la vicinanza sia fisica che intimista che ci lega da anni. Discorso quindi che può e deve per continuità essere allargato a L’anno dell’odio di Hate&Merda. Un album in cui non credeva nessuno e che è stato deriso da chi all’inizio non credeva nel progetto ma che ora stende tappeti rossi al passaggio dei due merdaioli. Senza contare che è stato il primo vinile di Toten Schwan e per forza di cose non può non essere “speciale”. A mirror for ashen ghosts part one degli Albireon è stato invece il modo migliore per suggellare un’amicizia ventennale. Sapevo che prima o poi le nostre si sarebbero incrociate, c’era solo da aspettare il momento giusto per farlo. Citerei anche la trilogia dei The Great Saunites, visto che li considero uno degli esempi qualitativamente più alti a livello musicale oltre che persone di una squisitezza ed umiltà come pochi altri. Potrei non parlare di Filles de mai dei Putan Club? Non avevano mai pubblicato un disco dopo migliaia di concenti in giro per il mondo e l’hanno fatto con noi, andando a sancire una stima intellettuale che si protraeva da anni. Un amore scoppiato invece all’improvviso e che ancora arde è quello con Lilith Le Morte. Il loro album è stato l’anello di fidanzamento che ancora porto orgogliosamente al dito. Stesso rapporto di intenso affetto mi lega ai dischi [e agli uomini/donne che sono dietro ai dischi] di LaColpa [altro amore nato al primo bacio], Not a Sad Story [amici che nonostante il migliaio di km che ci separa torno a trovare tutte le estati], Vespertina [come si fa a non volerle bene?], ai purtroppo compianti Astolfo Sulla Luna, Cani dei Portici e Scindite [il primo gruppo non italiano a entrare su Toten Schwan]. Menzione a parte merita Franco Gullotta. L’ex bassista dei Jesus Went To Jerusalem è forse “musicalmente” meno affine alla direzione che ha preso da alcuni anni Toten Schwan ma resta un punto fermo in quanto a stima e affetto. Doveva pubblicare una trilogia per noi con cui raccontare la sua lotta quotidiana contro il Morbo di Parkinson e invece siamo già a quattro dischi e non escludo che uno dei prossimi giorni mi chiami dicendo che ha pronto il quinto.

Allo stesso modo, tenendo se vuoi l’anonimato verso l’oggetto della tua risposta, quali sono stati i comportamenti dei tuoi artisti che ti hanno dato fastidio, personalmente e come rappresentante unico di Toten Schwan? Non ci sono problemi. Posso raccontarti quello che mi chiedi senza per questo mancare di rispetto a nessuno. Non siamo certo qui a mettere nessuno alla gogna, ci mancherebbe anche. Poi anche se fosse, sapessi il cazzo me ne frega… la gente che sparisce nel momento in cui un disco viene pubblicato è una costante abbastanza frequente, finchè sei utile loro ti osannano come il Mosè che divide le acque, poi dopo, non dico tanti saluti, ma quasi. I peggiori in assoluto sono stati quelli che si sono offesi per una recensione negativa e mi hanno chiesto di cancellarla da Facebook senza capire che non solo non si trattava di una bocciatura definitiva al loro disco, ma che anzi era il modo migliore per mantenere alto il livello del pushing a loro favore. Facile, monotono e noioso postare solo cose belle. Una sana dose di autoironia è lo strumento migliore per continuare ad andare avanti. Purtroppo è anche vero [come diceva mia nonna] che non tutti nascono intelligenti… Uno dei momenti più bassi di tutta la storia di Toten Schwan, con il gruppo che voleva prendere di mira il recensore per “sondare e misurare” ogni altra recensione a sua firma. Una sorta di vendetta. Una tristezza epocale che ha messo in risalto un approccio infantile che non poteva portare [e non ha portato] da nessuna parte. Oltre a loro ci sono state tante altre situazioni limite, mai così clamorose. Purtroppo la maggior parte delle persone finisce per dare troppa importanza all’aspetto economico del rapporto. È ovvio che tale atteggiamento non depone verso alcun tipo di prospettiva futura. Senza scomodare il cattolicesimo è però indubbio che l’avidità sia tuttora un male inestirpabile. A volte sono proprio quei pochi euro su cui si impuntano i gruppi che ti fanno capire che umanamente c’è poco, se non pochissimo su cui edificare un rapporto. Spesso il buon senso ti porta a chiudere un occhio in nome di una fratellanza che nasce. Ma è anche vero che nello stesso modo certe piccolezze ti fanno capire “la distanza che c’è tra i miei pensieri e i tuoi”.

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Dal mio punto di vista, ossia dall’ottica di chi ha conosciuto a sprazzi Toten Schwan a fine 2013 per poi fidelizzarsi negli ultimi tempi, è innegabile la distanza tra le primissime uscite e quelle odierne. C’è stato un momento (o più momenti) in cui l’etichetta ha avuto degli assestamenti o dei veri e propri cambiamenti di rotta? Sono cambiati i gusti di chi sta dietro a Toten Schwan nel corso degli anni oppure è la musica italiana ad essere mutata in qualcosa di simile, ma con delle diversità di fondo? Il primo vero assestamento credo sia avvenuto nel momento in cui DR ha deciso di lasciare Toten Schwan. Per forza di cose venendo a mancare la guida che fino a quel momento aveva organizzato tutto quanto c’è stato un momento di assestamento dovuto al fatto che dovevo prendere in mano tutto, ma soprattutto dovendo decidere tutto praticamente da solo senza più confrontarmi/interfacciarmi con un’altra persona. Per cui oltre al fatto prettamente “gestionale” [con tutto quello che ne consegue] la discriminante legata al gusto personale ha determinato uno spostamento “musicale”. Se DR cercava un qualcosa che potesse legare le realtà che gravitavano intorno a Toten Schwan, organizzandole all’interno di un “inner circle” in cui potessero scambiarsi date e contatti, con il mio arrivo questo è andato pian piano morendo. La mia visione pessimistica della vita [e degli esseri umani] ha spostato il tiro. Preso atto che tutti chiedono ma non rendono indietro ho abbandonato l’idea dell’ “inner circle” assestandomi su una etichetta di stampo più classico. Inutile lanciare perle ai porci, citando i Joan’s Diary dell’amico DR. Sono quindi andato dietro a realtà che soddisfacessero i miei gusti personali indipendentemente dalla provenienza geografica. DR per un tempo aveva pensato di far partire Toten Schwan come etichetta “locale”, legata al territorio, cercando di valorizzare i progetti dell’area spezzina, ma anche ligure. Ovviamente tutto questo si è rivelato un fallimento, visto che le buone idee di DR si sono dovute scontrare con la supponenza e l’autogratificazione masturbatoria di chi spesso nemmeno ha risposto alle sue sollecitazioni. A me di tutto questi “prodotti a km zero” non è mai fregato un cazzo. Io cercavo [e cerco] qualcosa che mi faccia male mentre lo ascolto. Se poi viene dalla Nuova Guinea anche meglio. Sul fatto che possa essere cambiata la musica italiana non saprei che dirti. Non sto molto dietro a ciò che “funziona” in ambito underground più o meno estremo. I gusti degli altri ed in particolare delle masse non mi interessano. Credo che qualitativamente ci siano moltissime realtà in grado di fare il bello ed il cattivo tempo. È altrettanto ovvio che però io non posso stare al passo coi tempi ed ascoltare tutti. Cerco di documentarmi per quanto possibile [visto che nella vita reale faccio un lavoro estremamente distante dal mondo musicale], e di ascoltare i consigli delle persone che stimo. L’unica cosa che cerco di evitare è quella di entrare in circoli chiusi laddove ci si lecca il culo a vicenda senza un minimo di obiettività e chi non ne fa parte rischia di venire tagliato fuori anche se ha al proprio arco frecce avvelenatissime. Sicuramente le prime uscite di Toten Schwan hanno poco o niente a che fare con le ultime [e le prossime] ma credo che sia un processo evolutivo [o involutivo, a seconda di come lo vuoi guardare] legato sia alla mia presa del potere che all’allargamento dei confini. Ciò però non deve stare ad indicare che le primissime uscite siano prive di qualità, anzi alcune delle cose iniziali sono per me molto più valide di tante altre che le hanno seguite.

Oggi un video-saluto come questo in basso, tenerissimo, dei Preti Pedofili sarebbe adatto alla Toten Schwan o è figlio di altri tempi? Ti ribalto la domanda. Oggi i Preti Pedofili sarebbero un gruppo che ambisce a stare dentro Toten Schwan? Le strade intraprese da entrambi si sono allontanate. La sinergia di un tempo è andata a morire. Ed è un peccato perché ancora oggi considero L’age d’Or come un disco fenomenale, soprattutto se inserito nel giusto contesto storico-sociale. Suona ancora molto attuale e disturbante. È quello che hanno deciso di fare dopo che mi ha lasciato perplesso. Credevo potessero ancora dire qualcosa e dare parecchio fastidio con i loro testi, ma purtroppo ho assistito al loro progressivo spegnimento senza nemmeno capire mai il perché. L’idea che mi sono fatto è che abbiano preferito defilarsi anziché essere parte di un mondo in continuo degrado, ma ripeto questa è la mia versione, bisognerebbe chiedere a loro. In quel momento era giusto il loro entusiasmo e la loro vicinanza a Toten Schwan, oggi non credo ci possano essere le stesse condizioni. Il video di cui parli è legato al contesto storico in cui è stato fatto e rappresenta quel particolare momento.

Cosa cercava di fare Toten Schwan con uscite “pilota” come i già citati SHC, Ten Fucking Minutes, Unconfortable Cigarettes? Come li accostavate al metal rudimentale di Jesus Went To Jerusalem e Emorrhage Corpse (in cui c’eri anche tu!) e alle cose più tradizionali ed esplicite di M.I.B. e Velut Luna? Andando avanti nel tempo, mi sono rimasti in mente i due progetti di Franco Gullotta e Katie Cruel, due solisti agli antipodi in musica, ma accomunati evidentemente da qualcosa… ecco, cosa? Erano tutte uscite dettate dalla voglia di gridare il proprio dissenso in un contesto in cui si sentivano soffocate. Indipendentemente dal proprio stile. Non c’era la necessità di consolidare le uscite all’interno di un filone “acustico”. Aspetto che cerco di curare tuttora. Eravamo agli albori [o meglio erano visto che io esordisco ufficialmente con l’uscita TSR33] e tutto era dettato più dalla pancia che dalla testa [cosa che in parte rimpiango] per cui quello che per certi versi può apparire come approssimazione era in realtà entusiasmo incontrollato. Riguardando oggi alcune delle uscite del tempo probabilmente non le farei, ma si tratta come detto di contesti estremamente distanti per poter fare questo parallelo. Sono situazioni che ha vissuto DR e che non conosco. Posso dirti che per quello che riguarda i miei gusti alcune non le avrei nemmeno prese in considerazione, sono cose che non ascolterei mai, nemmeno sotto tortura. Ma se sono stati portati avanti questi progetti significa che DR ha ritenuto che ci fossero gli estremi per andare avanti. Dei tanti che hai nominato mi piace soffermarmi su Self Human Combustion. Come DR sa benissimo, per me SHC era e resta uno dei progetti più interessanti tra le sue creazioni. La possibilità di fare qualunque cosa essendo il prototipo della libertà artistica è un qualcosa che in pochi, se non pochissimi possono vantare. Ce ne fossero di SHC in giro… riguardo gli altri non so se possiamo considerarli come uscite “pilota”. Si trattava di geolocalizzare il contesto di Toten Schwan per cui erano più che altro il prodotto locale portato alla fiera internazionale. La voglia di mostrare un mondo nascosto diverso da quello che appariva. Ci volle tutto il coraggio di DR per provare a mettere in piedi una cosa del genere.

Fino al 2017 Toten Schwan ha pubblicato delle compilation che dimostravano la sua potenza di fuoco, la sua mercanzia, le sue gioie. Quest’anno nulla. Le compilation hanno fatto il loro tempo? Sono un prodotto fuori mercato? C’è spazio e modo per una loro riconsiderazione? Sono da sempre un estimatore delle compilazioni. Le considero la versione moderna delle cassette che una volta inserivamo nell’autoradio. Ai tempi facevamo a gara a chi confezionava la cassetta più “aggressiva” da gustarci in macchina. Non voglio legare le compila a delle scadenze precise, mi piace pensare che siano delle istantanee da mostrare di tanto in tanto per fermare il tempo. Se siano o no fuori mercato non saprei dire, probabilmente non me ne frega niente, anche perché se dovessi stare dietro al “mercato” probabilmente non farei niente di tutto quello che sto facendo. Il limite delle compilazioni è sempre quello dell’omogeneità dell’ascolto. Il difficile è riuscire a organizzare una “scaletta” che non sia un continuo salto nel vuoto. Ma è anche vero che per quello che ci riguarda l’idea di avere una serie di brani che suonano “simili” non è mai stata una priorità. La prossima compilazione potrebbe uscire il mese prossimo come non uscire mai. Tutto dipenderà dalla necessità di quel momento. Cosa che oggi mentre ti rispondo non posso nemmeno immaginare. In ogni caso nel caso decidessi di farne un’altra sarai il primo a saperlo. E magari ti chiederò anche una collaborazione in fase di scelta dei gruppi, chi lo sa…

All’incirca dall’uscita 50 in poi, i dischi Toten Schwan mi piacciono quasi tutti, quindi non voglio indugiare troppo, li consiglio tutti, con predilezione somma di Viscera///, Formalist, Nudist, Nadsat, LaColpa, Gli Altri. Dal punto di vista quantitativo, nel 2018 c’è stato un rallentamento rispetto all’anno passato o devo attendermi una valanga di roba pazzesca a breve? Intanto ti ringrazio per le tue parole. I riscontri altrui, soprattutto se non richiesti, sono sempre un’iniezione di fiducia importantissima. Il duemiladiciotto ancora non è finito per cui non temere, avrai di che soddisfare il tuo udito. Ci sono state delle tempistiche che hanno determinato ritardi a inizio anno e di conseguenza tutto è slittato in avanti. Se tutti avessero rispettato i tempi prestabiliti a questo punto dell’anno avremmo già in mano quella manciata di dischi che hanno dovuto rimandare la loro uscita. Sono comunque esperienze che servono. Quando “si lavora” in equipe non ci sono mai certezze sull’operato altrui. Di certo “il rallentamento” di cui parli è anche [in minor parte oggi, sicuramente maggiore in futuro] figlio di un cambio di direzione da parte mia. Ho deciso di lasciare da parte le coproduzioni allargate a troppe etichette. Ancora oggi mi arrivano dischi interessantissimi ma con cordate di etichette che esclusa la mia viaggiano [etichettà più, etichetta meno] intorno alla decina. Che cosa posso aggiungere io ad una squadra già così folta a parte l’aspetto economico? Soprattutto se si tratta di etichette che appartengono spesso ai medesimi giri. Credo che la scelta della coproduzione non debba essere dettata dal solo motivo economico ma deve puntare su una reale distribuzione capillare del prodotto. L’ideale da parte mia è quella di avere una etichetta per ogni paese. Che senso ha averne sette tutte italiane, oltre al gruppo? Alla fine i dischi ce li scambiamo tra di noi? Inoltre, che senso ha dover prendere parte a tutte le uscite? Che cosa porta realmente? Facciamo meno uscite a testa e distribuiamo il supporto tra i vari progetti. Alcune tra le prossime uscite saranno in coproduzione, ma come avrai modo di vedere, il numero dei partecipanti sarà in linea di massima sempre più contenuto e laddove possibile geograficamente/logisticamente organizzato in modo più razionale possibile. Senza fare torto a nessuno, e visto lo spazio che mi dedichi, ti svelo quelle che saranno le prossime uscite da qui ad inizio anno nuovo. A partire dal secondo album per Senketsu No Night Club [in collalborazione con Dark Jazz etichetta russa], i nuovi album per Viscera///, Seventh Genocide e Necandi Homines [tutti e tre in sinergia con la londinese Third I Rex], e infine i nuovi album di Petrolio, Empty Chalice ed Enomisossab. Senza scordare cameraoscura [tutto attaccato tutto minuscolo] vale a dire il mio ultimo progetto realizzato insieme ad Eugenio Mazza [Pavor Nocturnus e Sognomeccanico]. Novità degli ultimi giorni l’accordo con un duo russo per il loro nuovo album, ma qui siamo già ad anno nuovo… mi piacerebbe dirti di più in merito soprattutto a quest’ultima release ma abbiamo deciso di non divulgare ancora la notizia, anche se ormai è tutto deciso nei dettagli. A ridosso dell’anno nuovo potrebbero esserci altre sorprese che sto valutando proprio in questi giorni, ma ad oggi non c’è ancora niente di certo.

La musica digitale per Toten Schwan è, nella grandissima maggioranza dei casi, gratuita. Perché? Anche i prezzi degli album in formato fisico non sono per nulla esagerati. Che filosofia guida questo aspetto? Perché è così che deve essere. Tutto ciò che non risulta tangibile non può essere mercificato. Gli mp3 sono e resteranno in free download per come la vedo io. Tutto ciò che non trovi in free download sulla nostra pagina Bandcamp è stato deciso in sinergia con il gruppo. Da parte mia c’è sempre stata la voglia di lasciare libero a tutti il download, ma spesso le richieste da parte dei gruppi sono andate in direzione opposta. Per non arrivare a metterlo a pagamento abbiamo scelto una via di mezzo, vale a dire lo streaming senza possibilità alcuna di download. L’esperienza mi dice che un album, se valido, viene comunque acquistato, indipendentemente dal fatto che venga scaricato gratuitamente. Chi fruisce musica attraverso i supporti fisici se ne frega degli mp3, ti compra il disco, senza se e senza ma. Senza contare la questione etica che considero importantissima. A volte vedo dei download digitali a sei/sette euro e rabbrividisco. Se fai pagare una cifra del genere per un “non prodotto” come gli mp3 a quanto lo metti un album? Venti euro? Tenendo conto che da noi gli album sono al prezzo imposto di dieci euro [a meno che non siano doppi] come potrei pensare di far pagare lo stesso lavoro in mp3? E a che cifra? Un euro? Piuttosto gratis per tutti. Sono cresciuto in contesti dove tutto era a disposizione di tutti e cerco di restare nella medesima ottica anche con Toten Schwan. Lo stesso prezzo bloccato per i cd/lp [10€] va nella stessa direzione. La musica deve essere disponibile del maggior numero di persone. E un prezzo “politico” aiuta a portare avanti questa posizione. Lo stesso faccio con il Tritacarne. Anche qui il prezzo [5€] mi garantisce di rientrare nelle spese e mettere via un euro su ogni copia da investire per le produzioni che verranno. Non cerco il guadagno facile, in nessuna delle due situazioni. Mi basta riuscire a dare via più musica possibile rientrando delle spese. Il resto non conta e non mi interessa. Scaricare gratuitamente qualcosa [musica, video, libri] è un passo avanti nella crescita culturale di un paese. Permette cioè a tutti [anche a chi non può economicamente permettersi l’acquisto] di arrivare ad avere accesso ai contenuti che cerca. Se poi vuole supportare economicamente con l’acquisto, il lavoro di chi mette in pratica tutto questo, ben venga, ma non è questo l’obiettivo.

Segui ancora gli artisti che hanno lasciato Toten Schwan oppure non hai tempo e voglia di farlo? Intanto sarebbe bene chiarire che cosa significhi “lasciare Toten Schwan”, dal momento che non esistono [e non esisteranno mai] vincoli di esclusività per chi collabora con noi indipendentemente dalla durata di tale sinergia. Non abbiamo mai fatto “contratti” nel nostro passato e siamo tuttora convinti che non ci sia necessità di arrivare a mettere su carta i termini dei nostri accordi. Ci basta il buon senso e la serietà [nostra e di chi si relaziona con noi]. Tranne alcuni sporadici casi in cui la stima è andata veramente a puttane [passami il francesismo] tendenzialmente non mi pare di ricordare di aver chiuso i rapporti con chi ha fatto un disco con noi per poi proseguire il proprio percorso altrove. Sappiamo di non poter essere il punto di arrivo per nessuno, ci sono realtà meglio organizzate di noi sotto tutti i punti di vista. Ci basta essere un buon punto di partenza e di riuscire a trarre il meglio da ogni situazione. Per assurdo ci sono situazioni come quella di Dagger Moth che corteggio da anni ma che al tempo stesso spero non arrivi mai nella nostra squadra. La sua è una crescita tale che stare dentro Toten Schwan non le porterebbe niente. Credo nelle sue potenzialità al punto di augurarle sin da ora di riuscire a trovare realtà internazionali che possano valorizzarla come merita. Alcuni rapporti si sono deteriorati per assenza di solide fondamenta. Probabilmente entrambe le parti credevano di riuscire a creare un rapporto che in realtà poi non è mai nato. Per cui, senza rancore, ognuno per la propria strada. Chiaramente il tempo libero per riuscire a tenere vivi i rapporti con chi non sento più quasi quotidianamente [avendo chiuso il processo produttivo] non è che abbondi, ma ti posso assicurare che riesco a mantenere saldi i rapporti con chi porto nel cuore.

Per quanto riguarda la musica nuova, Maometto (che saresti tu) va alla montagna, o viceversa? Come agisci nella pratica? Quali requisiti deve avere un gruppo, nel 2018, per essere pubblicato da Toten Schwan? Sono diversi da quelli degli anni passati? Diciamo che mi muovo in entrambe le direzioni. Lascio “che i pargoli vengano a me”, ma al tempo stesso cerco nuove sensazioni online nei miei [rari] momenti di libertà. Ricevere mail di proposta dai gruppi è una cosa che fa piacere, questo è indubbio, ma è anche vero che spesso come scrivono a me scrivono a decine di altre realtà. Alcune mail sono talmente impersonali che mi fanno venire voglia di cestinarle ancor prima di aver ascoltato il materiale allegato. I “migliori” sono quelli che scrivono esaltando le nostre produzioni. Dal momento che so perfettamente che sono frasi di circostanza chiedo sempre quali dei nostri dischi abbiano mai comprato. Al che scatta improvvisamente il silenzio e nessuno ha il coraggio di farsi risentire. Come in tutte le cose è sempre preferibile la sincerità, anche se cruda, alle leccate di culo finalizzate solo ad una mia sovvenzione economica. Non ci sono particolari requisiti. Basta come detto sopra la sincerità e la trasparenza. Ovvio che alla base di tutto ci deve essere il mio gradimento auricolare. Se non sono io il primo a cui piace un disco è davvero difficile riuscire a convincere altri a farlo proprio. Spesso ci sono persone stupende che però fanno musica che non mi piace. Ciò non toglie nulla però al nostro rapporto, che nasce in modo ancor più spontaneo, visto che nessuno dei due ha interesse nel farlo proseguire tranne il piacere della conoscenza reciproca. Ho dovuto spesso rimandare indietro dischi di valore qualitativo assoluto, non essendo la persona più adatta per valorizzare il lavoro che mi era stato proposto. Prendere un disco per ego personale non ha senso se poi non si riesce a canalizzarlo nei giusti contesti che possano farlo risaltare come merita. Questo è un concetto che non tutti capiscono e che in molti scambiano per una scusa ma in realtà è il massimo della trasparenza da parte mia. È lo stesso discorso che ti facevo prima per Dagger Moth. Se non posso dare lustro ad un disco che cosa lo stampo a fare? Per semplice gratificazione masturbatoria? Ha davvero un senso farlo? Secondo me no, nessuno.

Che fine hanno fatto gli Astolfo Sulla Luna? Li ho beccati dal vivo diverse volte, erano tra i miei preferiti della scena campana degli ultimi anni! Sempre per la rubrica “Chi l’ha visto?” ti chiedo se hai notizie dell’Eco del Baratro, tra i miei primissimi ascolti Toten Schwan, assieme ai Preti Pedofili di cui abbiamo già trattato. Lo scioglimento degli Astolfo sulla Luna è stato uno dei momenti che colloco al massimo della negatività da un punto di vista sia musicale che [soprattutto] affettivo. Ciò ovviamente non toglie nulla ai nostri rapporti personali che sono andati avanti, ma è innegabile che quando erano un gruppo tutto a livello comunicativo era sicuramente più facile ed immediato. Sinceramente non conosco i motivi che hanno portato a questa decisione e non mi interessa saperli. Sono cose loro, interne al gruppo e devono restare tali. Ormai le cose sono andate in questa direzione e non è più possibile tornare indietro. Purtroppo non torneranno e dovremo ricordarli solo su disco. Non è una grandissima soddisfazione visto che erano [e sono tuttora nonostante lo scioglimento] una delle realtà migliori a livello nazionale. Ma, come detto, il fatto che non suonino più, non toglie nulla alla stima e all’affetto che ci legano. Per quello che riguarda gli Eco del Baratro mi cogli in parte impreparato. Qualcuno di loro, ma non chiedermi chi, sono davvero in difficoltà con la memoria in questo momento, ha proseguito con il progetto paraindustriale Geisterchor. Una realtà che si stacca decisamente da ciò che erano gli Eco del Baratro ma che secondo me può avere buoni riscontri se affinato e personalizzato. Le basi ci sono e sono buone. Dei Preti Pedofili in parte ho già risposto qualche domanda fa. Ero rimasto all’imminente uscita del nuovo album, di cui avevano pubblicato già tutti i brani facendone uscire uno al mese per un anno. Poi, arrivati a fine brani quando doveva uscire il cd sono spariti senza dire più niente. Forse avrei potuto chiedere lumi al trio, ma al tempo non ne sentii la necessità. Forse ero preso da altre cose o forse non mi interessava più di tanto. O entrambe le cose. Sinceramente non me ne ricordo. Oltretutto sono dell’idea che le cose non possano essere forzate e che ci siano strade da cui puoi deviare temporaneamente ma che alla fine in un modo o nell’altro finisci per imboccare. Col senno di poi è un peccato perché credo che fossero una realtà interessante, soprattutto concettualmente.

Perché coprodurre un disco con altre etichette? La condivisione delle spese è il faro dell’operazione? E soprattutto perché si è arrivati a quasi quaranta nel disco Prati, Ombre, Monoliti de Gli Altri? Questa è una domanda a cui ho involontariamente risposto in precedenza. Credo non ci sia altro da aggiungere se non che il progetto di Prati, ombre, monoliti [Gli Altri] era troppo allettante per non farne parte. E quando ci ricapita di fare un disco con altre trentotto etichette? Cazzate a parte. Il discorso qui è diverso. Gli Altri vivono il loro fare musica in modo differente rispetto alla maggior parte delle altre realtà. La collettività per loro è tutto, a tutti i livelli. Non conta tanto la diffusione [più o meno capillare] del disco quanto l’idea di fare parte di un qualcosa che coinvolga il maggior numero di persone possibile.

Il sito web non è aggiornatissimo, è rimasto ai Putan Club, usciti col disco nuovo quasi un anno fa. Come mai? La comunicazione di Toten Schwan segue altri canali? Sempre perché non mi faccio mai i cazzacci miei: perché nel catalogo di Bandcamp ci sono dei numero mancanti nella serialità delle uscite Toten Schwan? Due motivi essenziali. Il primo è che non ho il tempo di aggiornare tutto quanto. Il secondo è che sto lavorando al sito nuovo che spero di riuscire a mettere online quanto prima. Il tempo è il mio più grande nemico purtroppo. Non riesco a fare tutto come vorrei. La vita “reale” mi costringe spesso a rimandare le cose che dovrei fare. Sarebbe bello occuparsi esclusivamente di Toten Schwan ma non è possibile. La vita non permette certe libertà. Il tempo che mi ritaglio non è sufficiente a mantenere tutto sempre al passo coi tempi, e mi scuso della latenza nella gestione con chi giustamente vorrebbe vedere tutto aggiornato. Oltretutto dover fare tutto da solo non aiuta. Il sito nuovo sarà decisamente più snello e veloce sia nell’aggiornamento che nella realizzazione, ma anche qui mi ci vorrebbero le giornate di 50 ore per riuscire a fare tutto con Toten Schwan e contemporaneamente andare al lavoro, mangiare, bere, dormire e stare un po’ insieme a mia moglie. Capisci bene che è praticamente impossibile fare tutto. Il mio poi è un lavoro che logora mentalmente per cui spesso una volta a casa non ho la lucidità per mettermi ad ascoltare musica. Per quello che invece riguarda le uscite di Toten Schwan in ordine cronologico le questioni sono due. La prima è che i tempi spesso non vengono rispettati e alcune uscite programmate per un periodo vengono slittate e precedute da quelle successive. A grandi linee poi le cose si sistemano [o si sistemeranno] quando tutti inizieranno a rispettare le scadenze. Seconda cosa alcune uscite “mancanti” sono il frutto di una gestione precedente del catalogo che ho ereditato e fanno riferimento [credo] a release annullate strada facendo. Non chiedermi però i dettagli di tutto questo perché non solo non c’ero, ma nemmeno mi interessa approfondire. Si tratta di situazioni di un’altra era geologica che oggi ha poco senso cercare di dirimere.

Toten Schwan foto 2

Tritacarne è il tuo bollettino, la tua propaggine nell’editoria, la tua voce oltre la musica. In cosa si distingue da altri prodotti come le fanzine cartacee che stentoree reggono ancora? Alcuni racconti (interviste e recensioni) della musica all’interno Tritacarne sono filtrati / distorti / lucidati dell’appartenenza a Toten Schwan, specie quando il materiale è proprio pubblicato dall’etichetta? Esiste l’oggettività in un contenitore particolare e profondo come questo? Tritacarne è stato in digitale per alcuni numeri (e coerentemente con quanto detto prima è stato gratuito), poi cosa ti ha fatto capire che doveva essere cartaceo e dal costo di cinque euro? La differenza con la tua musica è che ora non esiste più in digitale. Partiamo dalla fine. Finché non si è fatta pressante la richiesta del formato cartaceo ho mandato avanti il Tritacarne in digitale gratuito. Mi sarebbe sempre piaciuta la versione stampata ma ero dell’idea che prima di arrivare su carta era necessario consolidare il nome con la diffusione in formato pdf scaricabile gratuitamente. Partire direttamente con il cartaceo sarebbe stato un suicidio su tutta la linea. Quindi dopo diciassette numeri [in realtà diciotto, visto che realizzai anche il numero zero] sono finalmente riuscito a stampare il primo numero su carta grazie alla sinergia con le ragazze di Golena Edizioni di Roma, casa editrice che stimavo per il coraggio delle proprie pubblicazioni. Maya [Golena] mi ha convinto che niente era impossibile. Abbiamo deciso di chiudere per cinque euro [meno di un mojito come dice l’amico Maurizio Castagna di Riserva Indie] in modo da riuscire a portare a casa un euro su ogni numero. Senza tenere conto del fatto che di spese postali viene 1,28€ e chiediamo solo 1€ quando avremmo potuto chiedere 2€ senza problemi. Ma il fatto di restare a sei euro anziché sette è un passaggio che se a prima vista sempre piccolo e ininfluente in realtà è uno scalino enorme per i portafogli altrui. Se devo dirti la verità pensavo di riuscire a dare via più copie visti i numeri del download digitale. Ora facciamo una cinquantina di copie cartacee a fronte di un migliaio di download digitali. Sapevo che avremmo perso una buona parte dei fruitori del Tritacarne ma non credevo che ci fosse una discrepanza tale tra le due versioni. Per chiarire l’ultimo punto della tua questione in realtà la versione digitale è ancora disponibile. C’è sempre qualcuno che mi chiede anche la versione digitale. Difatti – anche se non pubblicizzo la cosa più di tanto – basta chiedere il pdf. Non ho problemi a mandarlo via mail a chi me ne fa richiesta. Magari non subito, non in contemporanea con la versione cartacea, per cui se vuoi i numeri dal diciotto al ventuno non hai che da chiedermeli. Sul fatto dell’oggettività cerco sempre di coinvolgere sempre più persone nella gestione/realizzazione del Tritacarne in modo da far vivere sulle pagine quante più voci possibili al di fuori di Toten Schwan. Per farti capire, sull’ultimo numero c’è la recensione di Sognomeccanico di Eugenio Mazza. Fare la recensione sarebbe stato difficile per me visto che abbiamo un progetto insieme in uscita. È stato inevitabile chiedere a Lorenzo Nobili [al suo esordio sulle nostre pagine] di curare la recensione al posto mio. Così come il debutto di Nàresh Ran. Non posso farla io, vedo e sento Nàresh quasi quotidianamente il rischio di non essere alla “giusta distanza” è altissimo. Doveva curarla per questo numero Cosimo Mungheri, ma non ce l’ha fatta. Rimedieremo sul prossimo numero. È altresì ovvio che parli bene dei dischi che faccio uscire. Non potrebbe essere altrimenti, non investirei tempo e denaro per dischi in cui non credo. Se leggi le recensioni però ti renderai conto che non incenso i dischi in quanto tali, da un punto di vista cioè strettamente musicale, ma tendo a porre l’accento sugli aspetti umani della sinergia. Spiego il significato del disco più che soffermarmi a dire quanto un pezzo sia bello e ben suonato. Bisogna però specificare [per l’ennesima volta] una cosa. Nel Tritacarne recensisco solo dischi che mi piacciono. Sono io a scegliere che cosa pubblicare e che cosa no. Potete mandare tutti i dischi che volete ma sulle nostre pagine finiranno solo quelli che ritengo a mio gusto personale validi. Non voglio sprecare le pagine dedicate alle recensioni per stroncare un disco che non mi è piaciuto. Ogni recensione negativa toglie spazio ad una positiva. Se un disco non mi piace lo ignoro. Cerco la bellezza. E la esalto. Oltretutto non mi dà nessuna soddisfazione parlare male di un disco. Preferisco segnalare quelli che ritengo meritevoli. Per quello infine che riguarda le eventuali differenze tra noi e le altre testate sei tu che dovresti se ci sono e quali sono queste distanze. Da parte mia rischio di essere poco obiettivo nel rimarcare le distanze che comunque vedo e percepisco. Non sta però a me parlarne, sarebbe poco elegante. Posso però dirti come penso io il Tritacarne. L’idea è quella di dare luce a tutto ciò che di luce ne vede [o ne ha vista, dato che ripeschiamo spesso nel passato] se non poca, sicuramente meno di quella che meriterebbe. Senza stare a pensare se si tratta di musica, letteratura, cinema o televisione. Si chiude sempre con le recensioni perché alla fine partiamo come fanza musicale e le recensioni sono la parte che interessa alla maggior parte delle persone. Ma non è detto che un domani si possa realizzare un numero del tutto privo di argomento filomusicali. La totale assenza di dogmatismi è l’elemento portante del Tritacarne, per cui aspettatevi di tutto.

tritacarne

Una delle parole chiave per gestire un’etichetta è senz’altro “sacrificio”. Quanto ti sei sacrificato per Toten Schwan, quanti altri interessi hai immolato per la causa? Sacrifici [se così vogliamo chiamarli] tanti, ma se li vivi sull’onda della passione riesci a sopportare tutto senza nemmeno rendertene conto. Ci sono giorni in cui viene voglia di mandare tutti in culo, ma sono sostanzialmente [e fortunatamente] pochi. È per me inevitabile portarmi dietro tutte le angherie della vita quotidiana al di fuori della musica. Questo è uno dei punti che non riesco a far capire a chi [giustamente dal suo punto di vista] mi incalza quasi quotidianamente chiedendo notizie sul materiale che mi ha inviato. Non è affatto semplice per me scindere le due esistenze che conduco. Quella reale, in Ospedale condiziona quella legata a Toten Schwan. E non potrebbe essere altrimenti. Se mi muore qualcuno tra le mani quando poi vado a casa col cazzo che ho voglia di mettermi ad ascoltare qualcosa di “imposto”. Scelgo io se e cosa ascoltare per allentare la tensione. Si parla spesso di dolore in questo ambito musicale. Ecco, quando il dolore [quello vero] ti siede accanto già alle sette di mattina, tutto il resto passa inevitabilmente in secondo piano. Con calma ascolto tutto e rispondo a tutti. Coi miei tempi però. Che poi non sono i miei ma quelli che riesco a ritagliarmi. I veri sacrifici alla fine sono quelli che ha fatto e sta facendo mia moglie, che non è proprio entusiasta di seguirmi in questa avventura. I miei sono sacrifici relativi. Sempre che lo siano davvero. I miei interessi sono riuscito a mantenerli vivi. Li ho convogliati tutti all’interno del Tritacarne per non perderli di vista. E ve li vomito addosso ogni due/tre mesi.

Quanto è importante la pianificazione per Toten Schwan? Alla soglia della centesima uscita (ma già di fatto superata con gli annunci futuri) è rimasto spazio per alcuni colpi di istinto o di improvvisazione? Noi fan e ascoltatori vediamo i post felici sui social in cui annunciate un gruppo, poi il primo singolo e infine il disco intero. Questa è la parte luccicante. Dietro le quinte invece ci sono incombenze, rotture di scatole, tensioni che si fanno pesare? Tra queste c’è la scocciatura di tenere contatti con riviste, webzine, radio, insomma con megafoni che diffondono, a parole e in onde sonore, la musica di Toten Schwan? È importante questo aspetto per un’etichetta come la tua? Come lo curi? Questa è al tempo stesso la parte migliore e quella meno attraente della vita di Toten Schwan. Sostanzialmente possiamo parlare di pianificazione, ma solo nei termini in cui si deve creare ed oliare la catena produttiva. Lì sì che ci deve essere un’organizzazione impeccabile. Per il resto i colpi di testa sono il fuoco che mantiene viva un’etichetta. Guai a non averne. Non possiamo pensare di ragionare in modo razionale, non se si vuole mandare avanti un progetto come Toten Schwan. Occorre sempre quel briciolo di follia che ti spinge a rischiare con dischi che ti fanno innamorare al primo ascolto. Il discorso promozionale apre uno spaccato non secondario. Sinceramente posso affermare che i feedback che ottengono le nostre release sono stati quasi sempre gratificanti e che questo è avvenuto in totale assenza di agenzie di stampa che provvedano in questo senso. Io come Toten Schwan non impedisco alle band di pagarsi un’agenzia di stampa, ci mancherebbe anche. Ma è altrettanto chiaro che io non partecipo a questo esborso in alcun modo. Credo che si possa andare avanti anche senza doversi rivolgere a terze persone che mandino in giro il tuo lavoro. Se fai un disco valido le recensioni non possono non arrivare, basta trovare i canali più adatti. Un buon disco arriva sempre e comunque. Questo è quello che mi ha insegnato l’esperienza che ho portato avanti fino ad ora. Non parlerei di scocciatura. Le scocciature sono altre. Rapportarsi con le altre figure dell’underground è in linea di massima sempre uno stimolo a fare meglio e un modo per capire i propri errori in fase comunicativa. Purtroppo il web si muove a velocità inarrestabili e ingravescenti. Con la conseguenza che stare al passo coi tempi non è semplice. Ragion per cui occorre mantenere sempre altissima l’attenzione e cercare di carpire [e carpire] i segreti altrui. Non ho esclusività di rapporti, ma negli anni giorno dopo giorno ho sviluppato una rete di contatti cui mandare le nostre uscite. Che è cosa ben diversa però dall’avere la recensione garantita. Credo che già il fatto che prendano in esame il materiale che mando sia un buon risultato. Basti pensare alla mole di posta in questo ambito che circola quotidianamente e che intasa le caselle mail delle testate musicali.

Come giudichi la presenza di eterni entusiasti che azzerano la parte critica dei propri scritti solo perché invii loro della musica, in digitale o in formato fisico? Hai invece avuto a che fare con soggetti pronti a venderti pacchetti di recensione, intervista e una settimana in home page al modico prezzo di duecento euro? Perché esistono queste cose? Il sistema è collassato? E soprattutto perché questi soggetti non lo fanno alla luce del sole, con un tariffario regolare? Forse si sentono un po’ striscianti e viscidi, ipotizzo io. Sinceramente non ho mai avuto a che fare con quelli che tu definisci “entusiasti”. E se è successo me ne sono dimenticato in fretta. È un fenomeno che non conosco. Non saprei davvero cosa dire. Ci sta che ce ne siano a decine. Se me ne parli significa che il fenomeno è decisamente diffuso, ben oltre quelle che sono le mie conoscenze in merito. Di certo posso dirti che secondo me in parte hai ragione. C’è la tendenza ad incensare tutto quello che proviene da certi lidi, per partito preso, indipendentemente dal livello qualitativo. Questa è una cosa che ho notato e che mi infastidisce molto. Non perché Toten Schwan sia dentro o fuori questi giri, ma perché conferma che anche in ambito musicale l’Italia resta un paese clientelista retto sulle raccomandazioni. Credo che chi recensisce perda obiettività [o nemmeno la cerchi] perché fa ragionamenti del tipo “come si fa a parlare male del disco dei ****?” Ci sono ormai delle sacche di resistenza in cui vigono delle regole comportamentali che non possono essere infrante. È una situazione veramente squallida, da cui cerco di prendere le distanze. Come altrettanto disgustoso è il fenomeno che hai inquadrato perfettamente nella seconda parte della domanda. Capita spessissimo che arrivino mail di soggetti non ben identificati che promettono [dietro lauto pagamento] una serie di passaggi radiofonici, una combo intervista più recensione e una promozione sul proprio sito. Sono le mail che aspetto con più ansia in assoluto. Non vedo l’ora di poter rispondere a questi pagliacci. Finora ho conservato in un apposito dossier tutte le mail del genere in attesa di pubblicarle un giorno in cui sarò particolarmente annoiato. Stesso dossieraggio applico anche per chi mi chiede un tot a recensione, facendo chiaramente capire che manco ascolterà il disco ma che si offre di “incensarlo” sul proprio portale. Anche questi li mando in culo con sommo piacere, non prima di aver archiviato tutto in attesa di sputtanamenti futuri. Non so se tutto questo accada perché come dici tu “il sistema è collassato”. Credo che i figli di puttana siano sempre esistiti e non appena costoro fiutano l’odore del denaro spuntano come funghi dopo una nottata di pioggia incessante. Sarebbero capaci di vendere la loro madre per pochi euro. L’essere umano è uno dei più squallidi esempi di parassitismo, ben peggio dei più virulenti virus che ci hanno fatto studiare. Sarebbe troppo chiedere che ci mettano la faccia con un “tariffario alla luce del sole”. È per questo che li archivio in attesa di smerdarli. Troppo facile scrivere privatamente senza metterci la facciona di merda che si ritrovano. Ma, non temere, arriverà anche per loro il giorno del giudizio. Basta aspettare. C’è un tempo per ogni cosa.

Toten Schwan guarda ai dati di vendita? Quando scegli di pubblicare il disco di un gruppo, quanto conta il tuo gusto e quanto il potenziale apprezzamento degli acquirenti? Se dovessi pubblicare quello che vuole la gente, avrei pubblicato meno della metà delle cose che abbiamo prodotto. Non dico di andare a cercare sempre e comunque l’anticonformismo. Non sono così stupido e così presuntuoso. Diciamo che conta molto il mio gusto personale [se un disco fatico ad ascoltarlo o non mi coinvolge al punto di rimetterlo da capo la prima volta che lo ascolto non ci sono speranze di pubblicazione], e non potrebbe essere altrimenti. Oltretutto non saprei nemmeno quali possano essere i reali gusti del pubblico a cui mi rivolgo. Non sono certo di avere in mano dati che mi consentano di standardizzare gli ascoltatori. Oltretutto ti confesso una cosa. Sono dell’idea che spesso i dischi vengono acquistati senza un motivo reale. Capisco possa suonare stonato, ma mi spiego meglio. Se escono gli album di “xy” e di “xyz” come fai a non comprarli, ma soprattutto come fai a non postare online la copertina per mostrare a tutti che anche tu sei nel giro che conta e che anche tu ascolti i gruppi più alternativi? Il pubblico si divide in due grosse categorie. Quelli che amano l’oggetto e non vedono l’ora di averlo tra le mani per “possederlo” e quelli che non capiscono un cazzo e comprano i dischi ma poi non li ascoltano. Io cerco di fare dischi per soddisfare la fame dei primi. Renderli felici. Dei secondi mi frega poco. È ovvio che ogni volta che pubblico un disco spero di riuscire a rientrare delle spese di produzione ma non è l’unica cosa che conta. Spesso la pubblicazione di un disco è un buon modo per entrare in contatto con persone che condividono la mia stessa passione per la musica. Ogni nuovo acquirente è un potenziale nuovo rapporto da coltivare, cercando di interagire in funzione di una reciproca crescita culturale [e umana]. Credo che ai dati di vendita guardi più mia moglie di quanto non faccia io. Per due motivi. Il primo riguarda il nostro conto corrente bancario. Il secondo la possibilità di smaltire gli scatoloni dei dischi in mansarda.

Ti sei fatto dei nemici negli anni? Puoi definirmi la locuzione “mettere i bastoni tra le ruote” applicata a Toten Schwan? Una vita senza nemici non è degna di essere chiamata tale. Occorre però scegliere quelli che possono essere assunti al ruolo di “reali antagonisti”. Non puoi inciampare in tutti i ciottoli che trovi sulla tua strada. Ci vuole una selezione. Altrimenti il ruolo del nemico viene degradato e con esso ti degradi tu stesso. Ho incontrato un sacco di persone che avrebbero voluto essere mie nemiche ma che non ho reputato tali. Sarebbe stato un insulto alla mia intelligenza scendere a certi livelli. Il nemico è colui che, anche se non vuoi ammetterlo, sotto sotto stimi. Gli altri sono solo persone che ti infastidiscono ma con cui non hai voglia di perdere il tuo tempo. Se io come persona [e di conseguenza Toten Schwan o viceversa] sono stato percepito/inquadrato come nemico dovresti chiederlo in giro. Io ti posso dire che tra tutti gli idioti che ho incontrato negli anni qualcuno mi ha infastidito in modo particolare al punto di poterlo quasi inserire nella lista nera. Poi però puntualmente mi sono ricreduto una volta sbollita la rabbia iniziale e ho lasciato perdere. Se non li caghi si incazzano ancora di più. L’indifferenza è uno strumento di fastidio non da poco. Molto meglio che lo scontro verbale. Soprattutto online e non di persona. Cosa che non sopporto e cerco di evitare per quanto possibile. Ci sono tante persone stupide in giro, ma non me la sento di confrontarmi con loro. Non mi porterebbe niente di buono e probabilmente non mi divertirebbe nemmeno. Sai che alla fine, ora che mi ci fai pensare, trovare un nemico degno di tale nome è un problema non da poco? Si dice spesso che gli amici si contano sulle dita di una mano. Beh credo che i nemici alla fine siano anche meno. Come diceva un personaggio un tempo da me molto stimato ed ora caduto in disgrazia: “risponderti vorrebbe dire darti importanza”. Questa è una cosa che cerco di non dimenticare mai. Potrei raccontarti episodi più o meno divertenti che sono capitati con alcuni personaggi della scena underground, ma non ho voglia di annoiare nessuno. Dovrei riportare tutta una serie di discorsi che finirebbero per dilungarsi troppo. Chiudo parlandoti però di un atteggiamento che tra tanti considero veramente misero. Ci sono alcuni personaggi “curiosi” a cui piace prendersi troppo sul serio al punto di denigrare il lavoro altrui per cercare di lenire la propria insoddisfazione. Anziché vivisezionare i dischi altrui meglio sarebbe pensare ai propri ma soprattutto a quelli che nessuno vi propone più di fare. Pensateci, magari riuscite a capire il perché.

Ti sei chiesto come è fatto, nel corpo e nella mente, l’ascoltatore tipo della roba che fa uscire Toten Schwan? Secondo te è più gente che cerca e insegue il filo conduttore di tutte le uscite oppure si tratta di persone che amano le pubblicazioni TS in modo settoriale? Credimi. Non c’è un ascoltatore tipo. Anche perché non c’è un filone che leghi musicalmente parlando le nostre uscite. Facciamo dischi tra loro molto diversi e ciò inevitabilmente influenza anche le interazioni con gli ascoltatori. “Quando esce un disco di Toten Schwan uno non sa mai cosa aspettarsi”. Questo che ti riporto è uno dei complimenti migliori che mi siano mai stati fatti, ma anche il modo in cui ci vedono da fuori. Per cui non essendoci uno stampo che caratterizzi le nostre uscite i nostri ascoltatori non sono facilmente inquadrabili e catalogabili. Chi compra le nostre cose non rientra in una particolare categoria. Ci contattano le persone più diverse. Il nostro è un pubblico [per fortuna] molto eterogeneo e ben poco standardizzato. C’è uno zoccolo duro di ascoltatori che compra a prescindere fidandosi di noi. Cosa che fa senza dubbio piacere. Ma fa altrettanto piacere trovare ordini da parte di persone con cui non si ha alcun tipo di connessione e che sono state conquistate dall’ascolto [casuale o consigliato] del disco al punto di volerne acquistare una copia. Il bello viene allora. Cercare di fidelizzare chi per caso arriva a scoprire Toten Schwan. È una cosa non semplice ma a a cui mi piace dedicare le mie attenzioni. L’ideale sarebbe coinvolgerli nel meccanismo in modo da far capire loro che non si tratta solo di interagire pensandoci e considerandoci solo un’etichetta indipendente. Per quello che riguarda i “fedelissimi” si instaura molto spesso un rapporto “particolare”. Mi piace infilare a sorpresa nei loro pacchetti qualche omaggio non atteso. Cosa che i più contraccambiano con solerzia e fantasia, creando un circolo vizioso fatto di graditissimi scambi.

Una domanda seria, da intervista classica delle webzine metallare. Quale canzone vorresti al funerale della Toten Schwan? Una di Naresh Ran o degli Albireon potrebbero fare al caso tuo? Oppure meglio qualcosa di più deflagrante come gli Hate&Merda, LaColpa o Marlon Brando? Domanda seria, risposta seria. Niente di particolarmente rumoroso. Direi che, facendo coincidere il mio funerale con quello di Toten Schwan, per una questione di comodità legata a chi viene da lontano, Naima di John Coltrane potrebbe essere la scelta migliore in assoluto. Nel caso qualcuno non riuscisse a recuperare il disco vista l’ignoranza musicale circolante mi piacerebbe che invitaste a cantare Simona Severini. Sarebbe un funerale coi controcazzi. Lascio a voi la scelta. Io sono comunque messo bene tra Coltrane e la Severini posso stare tranquillo e morire sereno. Addio.

3 pensieri su “Intervista a Marco Valenti (Toten Schwan Records, Tritacarne)

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