Intervista ai Formalist (doom, sludge, noise – Italia)

Formalist

Ragazzi, mi sono buttato. Ho ascoltato No One Will Shine Anymore e mi ci sono tuffato dentro, di pancia. Come non rimanere sfigurati dopo un disco del genere? I Formalist sono esordienti solo sulla carta perché in formazione hanno gente del calibro di Ferdinando dei Forgotten Tomb alla voce, Michele dei Viscera/// alla chitarra (il loro ultimo disco è tra le cose più belle uscite dall’Italia più estrema), Nicola e Riccardo dei Malasangre (rispettivamente basso e batteria). Li ringrazio per aver arricchito questo umile blog delle loro parole. [F]

La copertina parla. Non ha titolo o logo, eppure emerge una storia e un modo d’essere… o di malessere che vi descrive. Ecco, come parla di voi la copertina tramite Brenda Spencer? Ferdinando: Mi sono occupato della copertina e della grafica in generale. L’idea di base è stata di avere un artwork senza logo e in questo caso una foto è sempre la scelta più d’impatto, specialmente se si ha a disposizione materiale come quella particolare foto che raffigura Brenda Ann Spencer e il suo complice scortati fuori dal tribunale dalla Polizia. La ragazza si è resa responsabile del primo massacro scolastico dell’era moderna in America, sparando contro una scuola elementare senza nessun motivo in particolare. Al di là di essere da sempre piuttosto interessato alle storie criminose, ho trovato che la foto, oltre ad essere oggettivamente molto bella, racchiudesse in qualche modo alcuni dei temi cardine del disco e che il personaggio in sé e le sue azioni, del tutto prive di senso, fossero una rappresentazione di puro nichilismo e di quel punto di rottura in cui i labili equilibri delle periferie cittadine e delle società marginali si spezzano. La copertina è una mera rappresentazione di come un singolo tassello impazzito può sovvertire in pochi minuti una situazione di normalità, è una metafora dell’alienazione suburbana. Sono sicuramente temi in cui in qualche modo ci ritroviamo venendo da sobborghi periferici, cittadine di provincia e angoli suburbani che hanno fatto da cornice a gran parte della nostra vita, dei nostri malesseri sia adolescenziali che dell’età adulta e delle nostre psicosi. Se non fossimo tutti venuti da certi posti probabilmente non avremmo suonato così, sia nelle nostre rispettive band che in Formalist.

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A chi è dedicato il disco? Ferdinando: A nessuno in particolare se non a noi stessi. E’ un disco fatto per noi stessi, tutto il resto è pressoché ininfluente. Detto questo, a livello tematico è fondamentalmente un disco anarco-nichilista, antisociale, è un disco concepito con l’idea degli strati sociali “bassi” che sovvertono quelli “alti”, per quanto il messaggio sia piuttosto astratto a livello lirico.

Quanto c’è di Forgotten Tomb, Malasangre e Viscera/// nei Formalist? E al contrario cosa importerete nelle vostre band principali di questo primo disco insieme? Ferdinando: L’idea di base è stata di formare una band che mantenesse tutte le nostre principali influenze, cercando al tempo stesso di inserire elementi diversi dalle nostre band madri e che restasse stimolante per tutti i membri coinvolti. A dire il vero con Forgotten Tomb è da almeno una decina d’anni che abbiamo incorporato elementi sludge più o meno prominenti a seconda dei dischi, mentre il doom c’è sempre stato; i Malasangre, specialmente nell’ultimo periodo, non erano troppo distanti da Formalist anche se ulteriormente dilatati e più monolitici, mentre dai Viscera/// abbiamo ereditato alcuni elementi delle loro derive post nonché il gusto melodico piuttosto peculiare delle chitarre di Michele. In tutti e tre i casi comunque penso che non ci sia mai stata la volontà di incorporare per forza influenze dalle band madri quanto di mettere l’esperienza al servizio di un qualcosa di nuovo che ci rappresentasse come un’unità, cosa che è risultata piuttosto facile in quanto a livello di direzione ci son sempre stati pochissimi dubbi fin dalle prime prove. Inoltre tutti gli elementi della band scrivono riff, melodie e contribuiscono al songwriting, quindi è un autentico lavoro di gruppo che magari parte dall’idea di un singolo e poi viene sviluppato in direzioni a volte sorprendenti anche per noi stessi. Direi quindi che innanzitutto è una band nata per pura passione per uno stile musicale, per amicizia e per esprimere qualcosa che magari con le altre nostre band, per un motivo o per l’altro, non poteva essere espresso in una maniera così stilisticamente senza compromessi. Inoltre con questa band posso finalmente solo essere cantante e frontman, senza altri strumenti da suonare, mentre Michele ad esempio è a sua volta contento di dover solo suonare la chitarra senza dover cantare. Riguardo a cosa importeremo nelle nostre band principali di questo primo disco insieme, a livello conscio credo nulla, nel senso che le nostre band hanno una personalità ben definita e che viaggia su binari simili ma al tempo stesso molto diversi.

Credete che i testi siano le cose più negative che avete messo in musica nella vostra carriera? Ferdinando: Rispetto a come scrivo in Forgotten Tomb, qui ho lasciato che i testi fossero una sorta di flusso di coscienza, slegati da particolari regole ritmiche, assonanze, rime o quant’altro, nonché da un tema portante preciso; sono testi un po’ “cinematografici”, nel senso che sono più una raccolta di immagini e sensazioni che non seguono necessariamente un comune denominatore. Posso dire però che a seconda dei brani alcuni dei temi ricorrenti sono la povertà, la sovversione della società civile e delle istituzioni, le situazioni di degrado, la disfatta del genere umano, la distruzione della società dell’immagine, tutto legato ovviamente dal fil rouge della negatività e dell’alienazione che regna sopra all’intera atmosfera del disco. In questo senso, anche a livello vocale, da parte mia ho voluto dare un’impronta molto punk/crust al disco che desse un taglio più trasversale all’immaginario della band, rispetto ad esempio ad una band doom/death che magari usa il growl e parla di temi diversi. Nel disco c’è una sorta di sottotesto sociale nonostante sia spesso mascherato attraverso astrazioni e metafore. Ho anche sperimentato cose come lo spoken word all’inizio di Foul che rimanda pienamente a certa scena industrial. Il titolo del disco è tratto proprio da una delle frasi finali di questo brano, perché l’intera band ha decretato rappresentasse bene il messaggio del disco e di quello che contiene. Parlando per me, ho scritto cose anche più negative nella mia carriera personale con FT, tuttavia Formalist ha una sua via espressiva che non è meno pessimista, è semplicemente espressa diversamente, forse ha un taglio come accennavo prima più anarchico e punk, più essenziale, qui mi esprimo in un modo più “hardcore” se vogliamo.

È la musica più profonda e disperata delle vostre esperienze? In fatto di pesantezza i Malasangre sono dei maestri! Ferdinando: Mah non credo che ci fosse la volontà di fare per forza qualcosa di più estremo, abbiamo solo fatto quello che ci sentivamo. Suona tutto certamente molto miserabile, rispetto alle altre nostre esperienze forse è stata una cosa più d’impatto e meno ragionata, Formalist è una band fatta da persone affini senza particolari aspettative e per questo ha una sincerità di fondo spiccata e una naturalezza verace, è il risultato di un disagio collettivo di base coltivato in una sala prove immersa nella profonda campagna tra umidità, gelo o afa (a seconda della stagione), insetti, sporcizia, randagi, sigarette, alcol. Malasangre forse era la cosa più vicina a Formalist in quanto sia Viscera/// che FT sono da sempre più eclettici, anche a livello di tempi e variazioni dei brani; di certo in Formalist ci sono alcuni dei riff più heavy che abbiamo mai scritto collettivamente.

Arson, Foul, Mainlined: tre titoli, tre canzoni, un disco. Avete scelto un minutaggio importante invece che una scaletta più frammentaria. È stato un processo spontaneo? È facile perdersi, da musicisti, mentre si creano pezzi da dieci minuti e oltre? Ferdinando: Siamo sempre stati abituati a brani dal minutaggio importante con le nostre rispettive band per cui è una cosa che ci viene abbastanza naturale, al di là che in Formalist abbiamo voluto lasciare libero spazio al flow della musica e quindi le durate si sono ulteriormente dilatate. Avendo esperienza in merito per noi non è troppo difficile districarci tra ripetizioni e variazioni su riff monolitici, a volte c’è da “contare” molto per non perdersi ma potendo provare relativamente spesso e registrando le varie evoluzioni dei brani siamo sempre riusciti a riprendere da dove c’eravamo fermati la volta precedente e assemblare i brani secondo una linea piuttosto rigida, nonostante a un primo ascolto i brani possano sembrare avere una struttura relativamente “libera”; è tutto studiato in maniera decisamente puntigliosa, in questo senso il nostro batterista Riccardo è un perfezionista che non lascia nulla al caso a livello di struttura e che tiene registrazioni di ogni modifica dei brani, quindi è un po’ la nostra memoria virtuale nonostante i riff a livello pratico siano scritti dagli altri tre. La voce è anche un altro punto di riferimento che a brano finito scandisce le sezioni dei brani e determina pause e tempi, pur venendo inserita quando la parte musicale è pressoché finita. Tuttavia voi avete tenuto un approccio molto operoso, non lasciando mai tempi morti all’interno delle canzoni e alla fine non sia arriva a quaranta minuti totali.

Metal Archives considera NOWSA un EP, che mentecatti. In ogni caso, è un approccio molto diverso dal lunghissimo disco dei Malasangre del 2012, no? Ferdinando: L’idea era comunque di avere una varietà e di mantenere i brani sempre interessanti nonostante la lunghezza, non volevamo che diventasse un’opera noiosa o forzatamente dilatata dato che di dischi “pacco” nella scena doom (e affini) attuale ce n’è fin troppi già. Speriamo di esserci riusciti, finora i responsi sono stati ottimi. Quella di Metal Archives credo sia una svista in quanto un album di 40 minuti non è ovviamente un EP, nonostante abbia 3 canzoni. L’ultimo FT per dire dura 40 minuti e ha 6 canzoni e ovviamente non è un EP. Rispetto all’ultimo Malasangre l’idea generale era di fare qualcosa di più “musicale” pur mantenendo le parti ambient/drone, di avere brani con una struttura un po’ più definita e “classica”; in fase compositiva abbiamo cercato di “asciugare” i brani il più possibile, nei limiti di un genere per forza di cose comunque così lento ed estremo.

Molto marcate sono anche le differenze coi Viscera/// di Michele. La sua performance in NOWSA è incredibilmente corrosiva e iper-rallentata. Solo lo scorso anno usciva il meraviglioso III: Release Yourself Through Desperate Rituals. E anche lì una copertina iconica. Che collegamento c’è tra la signorina Spencer e il reverendo Jim Jones? Il disco dei Formalist è uno dei “rituali disperati” che aveva in mente? Ferdinando: In realtà l’idea della copertina dei Formalist è mia ed era nel cassetto da un bel po’ quindi le due cose non sono collegate, è ragionevole però dire che probabilmente io e Michele abbiamo similitudini nel modo di pensare e concepire certe cose. Rimane una curiosa coincidenza avere due personaggi così particolari sulle copertine dei due album.

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Come vi sentite ad essere un gruppo sludge in un periodo storico in cui sludge siete voi e sono definiti tali gli Electric Wizard, i Crowbar e i Pelican? Avete qualcosa in comune? Ferdinando: Credo che ormai ci sia abbastanza confusione negli ambiti Sludge, Doom e Post e spesso le cose vengono mischiate. Ci sentiamo più vicini a cose come i Khanate, i Burning Witch, i Corrupted o i Grief, per dirne qualcuno, ma ad esempio Crowbar e Eyehategod sono tra le mie band preferite in assoluto, per quanto della loro influenza poi in Formalist non ci sia moltissimo. Allo stesso tempo abbiamo anche un background legato all’ambient/industrial, al drone e a certo post che è meno evidente nei brani ma comunque presente, così come la componente black metal. Essendo comunque estimatori del genere da tempi non sospetti l’idea di base era di realizzare qualcosa che non fosse del tutto allineabile con il corrente revival doom o con lo stoner o con le band di derivazione Electric Wizard per intenderci, volevamo qualcosa maggiormente legato a certe nostre radici estreme e che risultasse privo di compromessi o suoni maggiormente standardizzati e ormai assimilati dall’audience dell’ultim’ora. Riguardo a EW e Pelican, i primissimi dischi ovviamente erano ascoltati un po’ da tutti noi all’epoca d’uscita, ma specialmente nel caso degli EW quando hanno iniziato ad avere un largo seguito ce li eravamo lasciati alle spalle da parecchi anni, detto senza snobismi di sorta. Personalmente non sono un fan del revival doom in voga negli ultimi tempi e trovo abbastanza ridicolo che ora sia così “in” ascoltare il genere quando fino alla prima metà dei 2000 era considerato perlopiù una roba “da sfigati”. Come ogni trend ora ci sono migliaia di band tutte uguali sia a livello musicale che di tematiche e che ripropongono cose che erano già state fatte appunto da EW e affini una ventina d’anni fa; siamo ormai al revival del revival.

La partenza di Arson è un fendente nella pancia con la riconoscibilissima voce di Ferdinando subito in grande evidenza e con una prestazione che mi è piaciuta tanto, molto più di quanto fatto negli ultimi due Forgotten Tomb. Ecco, cosa cambia nello stile vocale tra Hurt Yourself…, We Owe You Nothing e NOWSA? Ferdinando: In realtà tra We Owe You Nothing e il disco di Formalist non cambia praticamente nulla a livello di voce, è esattamente lo stesso approccio, cambia il fraseggio nel senso che in Formalist, avendo tempi più lenti, canto di meno e con parole tenute più a lungo. FT è molto più ritmico e groovy quindi la prestazione vocale è un po’ più serrata, in Formalist c’è un po’ più spazio per l’interpretazione diciamo.

Sempre riguardo al primo brano: dopo pochi secondi mi è venuta in mente la canzone di apertura di From Enslavement To Obliteration dei Napalm Death. Sono un pazzo visionario avendovi ricollegato a Evolved As One? Ferdinando: E’ una cosa a cui non avevamo mai pensato, però è un disco che specialmente per me e Michele ha significato molto in anni giovanili e comunque è una band che viene da un approccio lirico e attitudinale che ha alcune cose in comune con quanto fatto per Formalist, almeno parlando dei loro primissimi dischi grindcore.

La pubblicazione è avvenuta grazie a una cordata di etichette interessantissime (Toten Schwan, Third I Rex e Wooaargh). Da chi è iniziata la catena? Che apporto vi hanno dato in termini di indirizzo? Mi spiego meglio: siete arrivati a loro col disco già pronto oppure avete fatto sentire qualcosa e vi hanno portato per mano a quello che è ora NOWSA? Michele: Questa cordata di etichette aveva collaborato e sta tuttora collaborando con i Viscera/// da diverso tempo. Diciamo che una volta che NOWSA era terminato e stavamo iniziando a muoverci a tal proposito il progetto è saltato fuori chiacchierando con i rispettivi Marco, Roberto e Cris, e in poco tempo abbiamo raggiunto l’accordo. Il solito “da cosa nasce cosa”. Ferdinando: Sì il disco era già pronto, è stato scritto e registrato in totale autonomia. E’ uscito in effetti che era già vecchio di quasi due anni.

La tattica di Third I Rex di lasciare per qualche settimane il vostro disco su Bandcamp con l’opzione “name your price” è stata condivisa da voi? Si è rivelata vincente col senno di poi? Voglio dire: avete trovato comunque il vostro disco in download illegale sulle solite piattaforme o no? Ferdinando: Il disco era in download illegale su vari portali già il giorno dopo l’uscita, indipendentemente dall’opzione “name your price”. Diciamo che essendo una piccola produzione e che dal canto nostro non è stata fatta con particolari mire economiche, la cosa non ci ha scosso più di tanto, da un lato anzi può esser utile a fare girare il nome della band, essendo alla prima opera; dispiace chiaramente per la casa discografica e in generale è l’ennesimo sintomo di un mercato che sta collassando su sé stesso, ma qui si dovrebbero fare mille discorsi sulla questione, in fondo anche retorici. Diciamo che la gente sa benissimo il danno che sta facendo da anni a band, case discografiche e tutte le cose che ci vanno dietro (studi di registrazione, ecc.), quindi mi auguro avranno perlomeno la decenza di non stupirsi o lamentarsi quando tra pochi anni non ci sarà più nulla, i supporti fisici scompariranno e molte band si scioglieranno. I prezzi dei concerti e del merch sono già saliti vertiginosamente, dato che è ormai l’unica fonte d’introito per le band; per sopravvivere da qualche parte i soldi devono saltar fuori, va bene la passione ma molti dimenticano che per alcuni la musica è anche un lavoro; un barista può anche essere appassionato del proprio lavoro, ma non credo lo faccia gratis. In Italia poi la musica è ancora considerata “un hobby”, quindi figurati. In generale credo che presto ci sarà un ridimensionamento dell’intera scena; da un lato forse sarà un bene, ma bisogna vedere se ci sarà uno zoccolo duro sufficiente a mantenere in piedi la baracca; non vedo la passione che c’era quando ero ragazzino io nelle generazioni odierne e penso che tutti nella band concordino a riguardo. Non sono ancora convinto che il fundraising sia una soluzione, per tanti motivi; staremo a vedere cosa succede.

Sempre sugli aspetti materiali dell’uscita. Non avete perso tempo con pubblicità o strilli sensazionali su di voi e sul facile legame che viene fuori spendendo il nome di Ferdinando e dei Forgotten Tomb e questo vi fa onore. Ferdinando: Era una cosa che avevamo già concordato con la band dall’inizio; non ci sono misteri sui componenti della band ma al tempo stesso non volevo che la campagna promozionale fosse basata su quella cosa, Formalist è una band che ha una propria personalità e il valore del disco è indipendente da quanto di buono fatto con le altre nostre band.

Che rapporti avete col web? Siete tipi social? Ferdinando: Riguardo a Formalist, abbiamo giusto la pagina Facebook e Bandcamp per ora. Dovremmo essere ben più social, non spendiamo abbastanza tempo a promuovere la band ma d’altro canto abbiamo tutti altri impegni, sia di vita che artistici, oltre a non essere particolarmente avvezzi a questo genere di cose. Tra l’altro ultimamente Facebook funziona quasi esclusivamente a pagamento, i post “normali” non li vede più nessuno, una roba assolutamente vergognosa. Di questo passo non so come si farà a promozionare l’attività di una band. E’ già difficile per una band avviata, figuriamoci per una nuova band.

Vi vedremo prima o poi su un palco, in giro per la penisola? Chi sarebbero le band più adatte a suonare con voi? O meglio, senza fare nomi, che caratteristiche dovrebbero avere per stare accanto a voi? Ferdinando: Finora abbiamo fatto solo uno show. Impegni permettendo, valuteremo la possibilità di fare alcune esibizioni live in contesti adeguati. Abbiamo iniziato da un po’ a comporre del nuovo materiale dato che il disco in realtà per noi è ormai vecchio di un paio d’anni. Vedremo se il futuro riserverà opportunità interessanti. Riguardo alle band con cui suonare, direi band affini a livello tematico e di sound, quindi band molto pesanti e con un’attitudine egualmente estrema.

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