Avrete sicuramente già sentito cantare in spagnolo: Brujeria e Asesino hanno fatto scuola nell’estremo. In Italia abbiamo gli Amassado, ad esempio. Come gli Impureza, però, non c’è nessuno. Le loro demo sono dei monoliti pesantissimi di Immolation e Morbid Angel era Tucker, ma col primo gigantesco full length (La Iglesia del Odio, 2010) gli inserti flamenco -avete capito bene- sono diventati il loro marchio di fabbrica.
La produzione migliore ha fatto perdere un po’ di oscurità e aumentato il tasso tecnico, portando i Nostri verso Nile e Decapitated. Da allora sono passati ben sette anni, 3/5 della formazione è cambiata e il nuovo La Caìda de Tonatiuh è qui per dimostrare che gli Impureza sono ancora vivi. Sulle copertine c’è ancora molto da lavorare, ma questa (che ha qualcosa di Pocho Aztlan) è già un po’ meglio. La contaminazione del flamenco è più estesa stavolta e anche il comparto death metal è leggermente cambiato. Una produzione maestosa, capace di dare ariosità alle briose chitarrine acustiche e allo stesso tempo pesantezza immane ai riff metal, porta sul piedistallo un album grandioso. Hate Eternal e Hour of Penance sono i punti di riferimento più evidenti, ma il basso fretless può far venire alla mente gli Obscura e la tecnica evidente i Nile. Solo per una mia (in)sensibilità musicale credo che i pezzi più schematici come Camino Hacia Mictlan (sulla scia dei Behemoth) siano i meno significativi, perché con le melodie ci sanno fare e anche con qualche influenza prog della title track. Insomma, per mischiare death metal e flamenco devi essere molto coraggioso. Un album di rara bellezza, molto singolare e stupefacente. E soprattutto non è quel power/folk con lo scream che spesso ci spacciano per extreme metal.
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