Quando il tizio dei Saltus mi aveva abbordato su Facebook sono rimasto un po’ tiepido. Sicuramente era stato il metodo abbastanza discutibile di mandarmi un link Youtube con un brano, senza aggiungere altro. Sotto sotto c’è di più.
I due dischi precedenti erano veramente molto belli, una piacevole variazione etnica sul roccioso death/black polacco e tornare con un full length dopo otto anni dal grande Triumf era abbastanza rischioso. Lì c’era anche il compianto Mortifer, musicista che militava anche negli Hate quando una aritmica cardiaca se lo portò via. Insomma è da un bel po’ di tempo che non li ascoltavo, e per questo ho recuperato anche il dischetto uscito in primavera, Opowieści z przeszłości. Da lì si capisce che la creatura ha continuato a progredire, aggiungendo sostanza pagana senza perdere di vista che il METAL deve essere brutto, sporco e pesante. In Jam jest Samon!, corredato da copertina molto indicativa, i Saltus mi smentiscono, nel senso che abbondano melodie tipiche, arpeggi distorti e il metal (scritto in piccolo stavolta) non è più quel crogiolo di death e black, rimanendo sbilanciato al massimo sul secondo nei momenti più estremi, ma in realtà abbastanza indefinito negli intenti. Qualcuno mi dirà “ehi, è proprio questa l’essenza del pagan metal”. Certo, lo so. Sono io che non volevo il tipico pagan metal col rauco vocione declamante da omaccione nerboruto, volevo qualcosa di meno teatrale. Se ai vecchi full length della band togli l’apparato pagano/folk (chiamatelo come volete), rimane un gran disco. Qui è un tutt’uno, è un piano diverso di giudizio su cui non voglio addentrarmi. Non un brutto lavoro, anzi, è il più vendibile, il più completo per l’ottica opposta alla mia, oserei dire il migliore e il più professionale. Non sono diventati gli Arkona russi da un momento all’altro, ma ci andranno molto vicino se continuano così. Purtroppo allontanandosi dai miei ascolti.
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