Intervista a Shine of Menelvagor (ambient, funeral doom, black metal, Italia)

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Dovete sapere che compro dischi. Tanti dischi. Troppi dischi. Ne ho da parte alcune decine, alcuni di questi preferirei bruciarli invece che tenere ancora con me, altri effettivamente sono stati colpi di testa o vecchi pallini che non mi comunicano più nulla. Per fortuna sono stato indirizzato verso alcuni gruppi Facebook in cui ne sono riuscito a piazzare quattro o cinque. In una di queste provvidenziali transazioni mi sono imbattuto nel progetto Shine of Menelvagor ed è stato subito amore a primo ascolto. Non potevo esimermi dall’andare a scoprire tutti i suoi dettagli, perciò lascio la parola all’uomo solo al comando di questa one man band, Luigi Scopece.  [F]

Shine of Menelvagor: un nome tolkieniano molto originale. Perché? Tutti gli altri erano già stati usati? Credo che la fonte tolkieniana sia pressoché inesauribile, migliaia di band potranno ancora attingere da essa per anni! Molto semplicemente, il nome Menelvagor, ovvero la costellazione raffigurante Turin Turambar, mi colpì fin da subito, nonostante questa venga menzionata un’unica volta e non abbia di fatto alcun ruolo nella letteratura. Ad ogni modo, l’idea di utilizzare come moniker Shine of Menelvagor risale ormai ad alcuni anni fa, e non è mai stata messa minimamente in discussione nel corso del tempo.

Encyclopaedia Metallum – Metal Archives dice che non sei abbastanza metal, è vero? Me frega altamente di essere considerato metal o meno, ciò che invece è insopportabile è la mancanza di imparzialità che caratterizza Metal Archives. Ensemble che con il metal non hanno nulla a che vedere, come Wardruna o Sunn O))), trovano spazio nel sito solo per via della notorietà dei membri che compongono la band, ma questo cozza con quello che dovrebbe essere la mission di fondo di EM: dare spazio all’underground. Sono consapevole che il sound di Shine of Menelvagor abbia molti elementi riconducibili al drone ed al dark ambient, ma anche gli elementi funeral doom sono innegabili. Se questi non rendono il progetto abbastanza metal, lo stesso dovrebbe valere per progetti simili come Nortt ed Elysian Blaze. In ogni caso, il peso di EM è relativo, serve solo a dare agli ascoltatori un mezzo facilmente fruibile per scoprire nuove band, ma dai riscontri che ho avuto finora la “non presenza” del progetto nel database non ha avuto alcuna influenza a tal riguardo.

Ti piacciono i titoli molto lunghi, si capisce dalle canzoni contenute nel tuo Walking The Icepath To The Wanderer’s Plateau. Come mai? Non hai paura di risultare troppo pretenzioso o addirittura esagerato? D’altronde ci sono gruppi che hanno una intera discografia di canzoni senza titolo. Se qualcuno crede che i titoli lunghi siano esagerati non ha evidentemente la capacità o la pazienza di leggerli e comprenderli (posso solo immaginare cosa possa voler dire per questi leggere i testi di un brano). Sono personalmente molto affascinato da brani con titoli estesi, come quelli dei Demilich, che mettono subito in mostra l’argomento che l’artista si appresta a comunicare in musica.

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Come sei arrivato a This Winter Will Last Forever? Parlaci di quest’etichetta e di altre che ti hanno eventualmente ignorato, risposto picche o dato preziosi consigli. Ho letto che il tuo lavoro è stato pubblicato sia in cd che in cassetta. Sei un utilizzatore di quest’ultimo formato o è solo una scelta nostalgica? Il contatto con la label è avvenuto nel più classico dei modi, ovvero dopo l’invio, da parte mia di un promo contenente la titletrack dell’album. Molte label si sono comunque complimentate con me per il lavoro svolto, tant’è che una volta pubblicato l’album sono riuscito a distribuirlo anche tramite i loro store. La TWWLF si è mostrata interessata invece alla vera e propria pubblicazione dell’album, che è stato rilasciato in CD e digitale, presente su tutte le principali piattaforme, il 9 dicembre 2016. Il riscontro da parte loro dev’essere stato positivo, tant’è che pubblicherò per loro anche la prima release del mio side project Kalaallit Nunaat, uno split album che vedrà la luce a breve. Per quanto riguarda le edizioni in tape, sono un collezionista e talvolta alterno l’ascolto dei dischi a quello delle cassette, ma come dici tu vi è anche un motivo nostalgico dietro la scelta di pubblicare questo formato.

Mi ha sempre affascinato il processo di creazione della musica ambient. Nel tuo caso come è nata tutta la parte “non metal”? Davvero basta una tastiera da 80 euro e voilà: ecco un disco ambient? A dir la verità le parti di tastiera e synth presenti sull’album non sono numerose: nella maggior parte dei casi ciò che senti non sono altro che voce e chitarra distorte e modificate all’inverosimile. Nel prossimo futuro invece inserirò sezioni propriamente dungeon synth, che richiederanno un grande utilizzo di strumenti appropriati. In alcuni casi, data l’essenzialità della musica, una strumentazione non eccessivamente professionale può bastare, ma limita inevitabilmente la possibilità di far evolvere la propria proposta.

Le canzoni del disco sono del 2012, è scritto nel libretto. Come mai le hai pubblicate solo quattro anni dopo? Sono state oggetto di rifinitura laboriosa? Questo mi fa pensare che forse hai già pronti (o quasi) almeno un altro paio di album… o no? La motivazione del ritardo è essenzialmente da ricondurre ai miei impegni universitari e alla mancanza di possibilità (economica, strumentazione adeguata ecc..) che mi permettesse di registrare quanto ideato, cosa che invece ho potuto fare successivo grazie all’avvio di un’attività lavorativa. Va detto anche che i brani originari erano fondamentalmente black metal, ed alcuni di essi sono proprio quelli che compariranno nello split sotto il nome Kalaallit Nunaat. Quelli presenti su Walking the Icepath to the Wanderers’ Plateau sono invece frutto di modifiche continue. Attualmente sono al lavoro sul secondo full-lenght di Shine of Menelvagor, su un album grind e, soprattutto, su un album pagan/black che sarà unicamente incentrato sulla mia terra, la Capitanata.

Titolo e iconografia del disco sono riconducibili al black metal, ma andando ad ascoltarlo bene ci si trova davanti ad un approccio funeral doom, quindi tempi molto lenti e voce molto ribassata. Perché? Pensi che il doom e il black in realtà abbiano più punti di contatto di quanto correntemente si pensa? Entrambi i generi esplorano gli abissi dell’animo umano, seppur con modalità differenti, di conseguenza l’approccio soporifero del funeral doom non può non sposarsi con la furia belluina del black metal. Sono due facce della stessa medaglia.

Sono curioso riguardo a due cose sulle registrazioni. Come hai registrato la voce? E perché hai creato pattern ritmici molto essenziali? Forse eri/sei consapevole che una batteria programmata in modo non professionale poteva affossare il disco? Non c’è nessun metodo particolare dietro la registrazione delle vocals, semplicemente le growling vocals sono state registrate in presa diretta e poi riverberate per rendere il tutto omogeneo alla componente strumentale. Per quanto attiene alla sezione ritmica, questa è essenziale sia in quanto caratteristica peculiare del funeral doom (in tal senso, la lezione di Nortt ha avuto molto peso sul mio songwriting) ed inoltre la “non invadenza” della drum dona all’album, a mio modo di vedere, un sound liquido ed quasi alienante per l’ascoltatore.

Dalle tue foto sembri abbastanza giovane. E anche se non lo sei ora, un tempo lo sei stato, ne sono abbastanza certo. Hai mai trovato resistenze da parte dei metallari rispetto alla tua musica molto particolare? D’altronde sono loro il tuo pubblico di riferimento, no? Non ho trovato alcuna resistenza per quanto riguarda la musica che propongo, mentre ho trovato molta “chiusura mentale” per quanto attiene ai miei ascolti. La maggior parte dei metallari oggi è ultra selettivo, e non apprezza, o addirittura denigra, qualunque genere differente dal metal o sottogenere del metal stesso che sia differente dal suo. Inoltre ciò che non sopporto degli ascoltatori odierni, giovani e non, è il continuo utilizzo di Youtube e stream vari per l’ascolto di musica. Quasi nessuno oggi si degna di spendere 10 fottutissimi euro (spesso se ne bastano meno) per un CD. Con Youtube si è tutti esperti in 5 minuti, diverso era uscire da scuola e correre all’edicola per comprare Grind Zone o quant’altro e scoprire nuove fantastiche band, e pensare a come sperperare in 5 minuti tutto ciò che avevi nel portafoglio nell’acquisto di dischi.

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Per alcuni il nome ispirato a Tolkien vuol dire solo una cosa: estrema destra. Mi sai spiegare perché? Come ti poni rispetto a ciò? Certamente Tolkien non ha mai mostrato alcuna propensione particolare per una determinata fazione politica, che sia di destra o di sinistra, di conseguenza credo che molte band, come i Menegroth giusto per citarne una, abbiano semplicemente strumentalizzato l’immaginario tolkieniano ai fini. Per quanto attiene alla mia idea, volendo individuare un nesso tra la letteratura tolkieniana e la destra, o meglio, l’anti-sinistra, è possibile che il viaggio della compagnia composta dagli hobbit (provenienti da Ovest, paragonabile all’America) e gli altri (che aderiscono alla spedizione alla Casa di Elrond, il centro della terra di Mezzo…il confine tra i paesi occidentali e il blocco del patto di Varsavia), verso il malvagio Sauron ad Est (Unione Sovietica) possa appunto essere inquadrato come metafora della supremazia del “capitalismo”, inteso in senso lato come portatore dei valori dell’Occidente, sul comunismo, dal momento che Il Signore degli anelli è stato completato proprio nei primi anni di Guerra Fredda. Ma questa, appunto, è solo una mia interpretazione fantasiosa ed assolutamente assurda, plausibile ma che non ha alcun punto di contatto con la realtà e nessuna continuità con gli scritti precedenti di Tolkien stesso.

Come ti è venuto in mente di creare un progetto così singolare? A Foggia poi. È una città che ispira particolari sentimenti negativi? Sono molto legato alla mia città, e per quanto sia afflitta da mille problemi, non può assolutamente essere questa la fonte di questa mia “oscura” ispirazione. La negatività che un artista trasmette tramite la sua musica è strettamente personale, ed è influenzata dal mondo esterno, e quindi dal luogo in cui si vive, solo nella misura in cui l’interazione con questo impatta crudelmente con il proprio animo. Per via della “storia” del black metal e del metal estremo in generale, si tende a credere che certe sonorità possano essere concepite solo in lande desolate, boschive, come quelle del Nord Europa. Credo invece che oggi il black metal abbia senso di esistere nella metropoli, dove tutti sono nessuno e dove la solitudine è, in realtà, totale. E’ per questa ragione che ritengo, ad esempio, nonostante sia stato spesso criticato in passato, che il black metal americano abbia oggi più valore che mai.

Secondo te il metal ha perso la capacità di shockare le masse? Un gruppo che sto intervistando in questo periodo mi dice che nella scena italiana il DSBM è più odiato del metalcore, cosa ne pensi? A proposito, tu ti senti integrato in un sistema di gruppi/progetti che vanno nella stessa direzione? In ogni caso, tu in che direzione andrai? Per come la vedo io il rapporto amore-odio nei confronti di determinate correnti metal, che sia il suicidal black metal o il power metal, è esclusivamente interno al nostro “mondo”, mentre completamente ignorato all’esterno. Negli anni ’80 negli Stati Uniti molti album vennero censurati, se non banditi, per via dell’impatto che avrebbero potuto avere sulle giovani generazioni e quindi sulla società in generale. Oggi questo non esiste più, specialmente nel nostro paese: nel bene e nel male, il metal è completamente ignorato, è come se non esistesse, e non fosse mai esistito. Quindi a meno di porre in essere eventi criminosi sulla scia dell’Inner circle o dei Satanskinder, credo che il metal non avrà più la capacità di “dare fastidio”. Ma per quanto mi riguarda, il metal è fondamentalmente musica, e questi sono aspetti che non mi interessano più di tanto.

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