Vinili, quanto li odio. Sono diventati un oggetto miseramente feticistico, puro materialismo fatto per chi se li tiene incorniciati e intonsi. La musica è altro. Ho deciso di parlare dello split tra Blood Tyrant e Departure Chandelier perché di musica se ne può parlare in abbondanza. Sono due gruppi rumorosissimi che fanno del black metal più anti-commerciale il loro credo. I primi sono olandesi e ci hanno regalato appena lo scorso anno il bell’esordio Aristocracy of Twilight, mentre gli altri sono una sorta di novità per me e sono stato spinto all’ascolto perché ne fanno parte tizi (tutt’oggi ignoti) di Ash Pool (progetto raw di Dominick Fernow dei Prurient) e Akitsa (braccia rubate all’agricoltura, veramente pessimi e inconcludenti).
Il minimo comune denominatore è uno stile fetido e scheletrico, batteria appena accennata nel mix e strumenti ronzanti, in un deterioramento dalle basi di Transilvanian hunger dei Darkthrone. Per i Blood Tyrant è un antipastino non indimenticabile né indispensabile al sapore di mummia del prossimo album, insomma. La curiosità maggiore era verso i Departure Chandelier, col loro black con tematiche napoleoniche. C’è anche più caos e considerevoli ammassi di chitarre nel loro brano, non vi venga in mente di chiamare in causa fanfare o sinfonie. La voce è diversa rispetto ai compari di split, con urlo non altissimo di tonalità ad accompagnare l’incedere più variegato. Ci sono anche delle sottospecie di tastiere qua e là. Sicuramente andrò a ripescare la loro demo del 2011, sperando sia almeno ai limiti dell’ascoltabile.
[F]
[…] un disco lungo assieme a Jeroen Van Brussel (Orodruin e Haat, risalenti al secolo scorso, ma anche Blood Tyrant). Evidentemente il 2016 è stato l’anno fortunato per questi musicisti perché -esattamente […]
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