Ridendo e scherzando Tommy Gronqvist è arrivato alla bellezza di otto album in meno di vent’anni. Tre con gli Slugathor, gli altri coi Desecresy, ossia tradizionlmente lui e Jarno Nurni. The Mortal Horizon però è tutta farina del suo sacco perché il suo compare cantante ha lasciato il progetto, forse per dedicarsi ai suoi Serpent Ascending a tempo pieno.
Già si sentiva in Stoic Death qualcosa che non andava, cioè che l’atmosfera fosca e pesante che aveva caratterizzato tutti gli altri dischi era venuta meno, facendo venire a galla i limitatissimi riff e una confusa costruzione delle canzoni, estremamente macchinosa. Adesso la situazione è perfino peggiorata. La produzione è quasi cacofonica, da demo di inizio anni Novanta, estremamente debole in ogni strumento. Anche la voce, per la prima volta opera di Gronqvist, è di un piattume esagerato. È triste pensare che solo dieci anni fa gli Slugathor erano nel pieno delle loro forze e ancora era lontano dall’uscire Echoes from the Beneath, mentre ora uno dei loro componenti è intrappolato in questo limbo amatoriale. Trentatré minuti, il disco più corto della band, e allo stesso tempo il più pesante da digerire. The Mortal Horizon è come il risotto ai frutti di mare del discount: di death metal solo il vago sentore. Paragoni con Demigod, Convulse e simili sono totalmente fuori da ogni logica. Urge una pausa di riflessione.
[F]
[…] personalità personalità degli Autopsy. La copertina mi aveva fatto temere il peggio (cioè una roba alla Desecresy) ma dopo qualche ascolto Plains of Decay ha trovato una sua collocazione. Purtroppo […]
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